24 April 2014

Karbon kinetics GoCycle G2r

È stata disegnata da un progettista di auto monoposto questa e-bike pieghevole GoCycle G2r. Pesa appena 15 kg, ottima guidabilità e comfort (di Matteo Scarabelli)

Karbon kinetics gocycle g2r

Cancellare definitivamente l’idea che le biciclette elettriche, a causa degli ingombri di motore, batteria e sensori, debbano rinunciare a un’estetica accattivante. È questa la missione della GoCycle. Sarà che a disegnarla è stato un ex progettista di Formula 1, il londinese Richard Thorpe, per anni in forza alla McLaren. Sarà che è un progetto nato da zero, quindi senza alcuna esigenza di adattare telaio o componenti preesistenti. Sarà che la Karbon kinetics ha investito generosamente per lo sviluppo e la produzione di questa bicicletta (che in Italia costa 3.500 euro), ma il risultato è che la GoCycle alza definitivamente l’asticella dei modelli a pedalata assistita. Dal telaio in magnesio ai freni a disco idraulici, dalla forcella monobraccio all’app da scaricare sullo smartphone per gestire motore e batteria, tutto è stato pensato in chiave innovativa.

Per un uso più funzionale, più comodo, più smart. E, inutile nasconderlo, anche per stupire. Una constatazione che riscontro personalmente non appena metto le ruote in strada per il test. La GoCycle attira gli sguardi di tutti, pedoni, ciclisti e automobilisti. Uomini e donne, adulti e bambini.

La scoperta di questa bicicletta è un viaggio nel segno della tecnologia. E i primi assaggi si hanno già al momento del montaggio. Il telaio si “apre” facendo ruotare sul perno del movimento centrale i due blocchi principali che lo compongono: il tubo obliquo portante e il carro posteriore monobraccio. I due segmenti si fissano poi con un giunto che collega reggisella e carro posteriore. Il tubo di sterzo, pieghevole, si blocca con un perno quick release. A questo punto mancano solo le ruote ed ecco la piacevole sorpresa: visto che anche la forcella è monobraccio e i dischi sono integrati in un unico blocco frenante integrato nel telaio, le ruote sono intercambiabili. Basta posizionarle nella sagomatura maschio/femmina e bloccarle con tre leve a scatto.

Il design è innovativo per una bici

Una dei segreti della GoCycle è che, nella linea futuristica del telaio, nasconde totalmente la sua anima elettrica. Impossibile rintracciare motore, batteria, sensori e perfino il ciclocomputer sul manubrio. La batteria è integrata nel tubo obliquo, infatti la presa per la ricarica si trova nella parte inferiore del tubo reggisella, all’altezza della ruota posteriore. Qui c’è anche un piccolo bottone che permette di impostare la modalità di ricarica e verificare lo stato della batteria. Il motore, anche lui invisibile, si trova nel mozzo della ruota anteriore, mentre il cambio elettronico a tre velocità (Shimano Nexus) è alloggiato in quella posteriore.

Il ciclo computer, invece, è nascosto in un lungo display a led che occupa la quasi totalità della barra del manubrio. Una soluzione fantastica dal punto di vista del design che, però, impone qualche limite alla facilità d’uso. L’impatto non è proprio immediato e per capirci qualcosa è bene studiarsi un po’ il manuale (un cd in inglese). I dati fondamentali sono tutti disponibili: dall’autonomia della batteria al livello di assistenza del motore che è stato impostato al rapporto che si sta usando. Su una bicicletta di questo livello, però, non sarebbe stato male avere anche un tachimetro e un contachilometri parziale e totale. Tutte informazioni che comunque si possono facilmente registrare utilizzando una delle tante app disponibili per lo smartphone. Sì, perché il telefono è indispensabile per sfruttare tutte le potenzialità di questa bicicletta 2.0. Infatti grazie all’app dedicata (si chiama GoCycle Connect ed è disponibile gratuitamente per dispositivi iOs e Android) è possibile collegarsi via bluetooth alla centralina e settare diversi parametri. Il più importante è il tipo di assistenza che si desidera dal motore: oltre a tre livelli standard è possibile perfino creare un profilo personalizzato, indicando le caratteristiche della spinta che si vuole ricevere.

Lo smart phone fa da ciclocomputer

Il telaio della GoCycle è un altro concentrato di tecnologia: è stato realizzato in lega di magnesio con un procedimento di iniezione in stampo chiamato Magflow, mai usato prima in ambito ciclistico, stando alle dichiarazioni ufficiali della Karbon Kinetics. Stessa tecnica e stessa lega di magnesio anche per le ruote. Fattori che contribuiscono a contenere il peso (poco più di 15 kg) e dare agilità alla bicicletta. Su strada la GoCycle si fa apprezzare soprattutto per la sua maneggevolezza e la straordinaria stabilità: le ruote da 20 pollici hanno coperture extralarge (55 millimetri di sezione), il miglior ammortizzatore per l’asfalto urbano pieno di insidie. L’ottimo livello di guidabilità è assicurato dalla distribuzione equilibrata dei pesi e dalla trazione “integrale”, con la forza del motore sull’anteriore e quella muscolare sul posteriore. I freni a disco idraulici fanno parte di quell’effetto di cui si è già detto. Una soluzione forse sovradimensionata per le reali necessità di una bici da usare in città, ma in grado assicurare una frenata sicura in qualsiasi condizione (attenzione però, all’inizio bisogna prenderci un po’ la mano perché, tra il sistema idraulico e i dischi, un’azione troppo energica sulle leve potrebbe avere conseguenza spiacevoli). Molto buono il lavoro dei sensori, reattivi nel “leggere” la pedalata e nell’innescare una spinta sempre appropriata. Questo almeno

è quel che succede in modalità di guida Pedelec torque, cioè quando il contributo del motore è in proporzione. Esistono altre cinque modalità d’uso che, in certi casi, possono svilire un po’ la natura ciclistica della GoCycle, avvicinandola quasi a un ciclomotore.

Per essere una bicicletta elettrica il peso è davvero contenuto e anche le misura del telaio impacchettato sono notevoli (76 x 60 x 30 cm). Tutto questo però non basta a fare della GoCycle una bicicletta pieghevole tradizionale. È vero che si chiude in poche mosse, ma senza quella praticità che è la caratteristica più apprezzata dai commuter, vale a dire chi combina l’uso della bicicletta ad altri mezzi di trasporto, tipicamente il treno o la metropolitana. Tanto per fare un esempio: per piegarla e ridurla alla minima dimensione è necessario staccare le ruote e sfilare il tubo reggisella. Ma a quel punto la bici si può trasportare soltanto all’interno di una sacca (disponibile come optional). Il che va benissimo per chi è in partenza per una gita o un week end fuori porta, un po’ meno per chi ha necessità di salire in ascensore o prendere il treno. (Matteo Scarabelli)

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