05 December 2011

La voce delle atlete

Successo per il convegno “Donna e sport… mamma e sport”, sabato scorso nel Milanese

La voce delle atlete

Il percorso delle atlete è frutto di disciplina e fatica, ma ben prima della maternità, deve coniugare l’impegno sportivo con quello scolastico. È il caso di Carlotta Ferlito ed Elisabetta Preziosa, due delle giovanissime ginnaste che si allenano nel Centro Federale di Ginnastica Artistica di Milano, recentemente seguite dalle telecamere di MTV per il reality show “Ginnaste – Vite parallele”.

«La passione per quello che fai è l’elemento che ti spinge avanti – ha raccontato Ferlito, vincitrice di tre medaglie ai primi Giochi Olimpici Giovanili di Singapore del 2010 e qualificata per Londra 2012 nella ginnastica artistica -. Ho lasciato la Sicilia a 12 anni per trasferirmi a Milano ad allenarmi e ora vivo in un residence con tutte le mie compagne, dove seguiamo la scuola, oltre che lo sport».

Reduci dal successo del reality, le atlete sono ormai considerate delle piccole star, firmano autografi e vengono riconosciute per strada: «All’inizio ci accorgevamo delle telecamere, ma un po’ alla volta ci abbiamo fatto l’abitudine – ha svelato Preziosa, ricordando i mesi passati -. In certi momenti difficili, magari, avremmo preferito non essere filmate, ma siamo anche grate al programma perché ha dato notorietà alla ginnastica e ha spinto tante altre ragazze ad avvicinarsi a questa disciplina».

Sara Bertolasi e Claudia Wurzel, campionesse di canottaggio qualificate per Londra 2012 oltre ad allenarsi sono iscritte anche all’Università. «Il segreto è amministrare e sfruttare al massimo in tempo. Impegnarsi il più possibile nei 120 minuti di allenamento in barca e poi studiare nell’ora di pausa dopo pranzo – ha raccontato Bertolasi -. Ma fare l’Università è molto più facile che fare la mamma e mi rendo conto che oggi, da atleta, sto beneficiando di una situazione per cui quelle che sono venute prima di me hanno lottato».

«Mi è capitato di vedere atlete di altre nazioni, durante i mondiali, che si portavano dietro i propri figli, nonostante tutta la tensione che circonda le competizioni – le ha fatto eco Wurzel -. Finivano la gara e correvano ad abbracciarli, ancora tutte sudate. Ho chiesto come facessero e mi hanno raccontato che servono genitori o tate che diano una mano. Ci vuole certamente dell’aiuto per gestire una situazione del genere».

Anche Anna Maria Marasi, ex capitano della nazionale italiana pallavolo femminile, oggi membro del Consiglio Nazionale del Coni, è riuscita per alcuni anni ad essere una campionessa mamma: «Sono rimasta incinta a 27 anni e il mio bambino è diventato una parte della squadra, uno dei problemi che tutte insieme dovevamo gestire. A 8 mesi lo portavamo in trasferta e ha camminato per la prima volta nel palazzetto di Firenze, mentre noi eravamo nello spogliatoio – ha ricordato -. Le mie compagne di squadra sono state molto collaborative e io ho continuato a giocare, pur con varie difficoltà. Poi, quando il bimbo aveva due anni e mezzo, ho deciso che era ora che mi dedicassi a lui».
Barbara Guzzetti, campionessa italiana in carica di bocce nella specialità della raffa, ha una figlia di 18 mesi, ma allo sport non rinuncia: «La mia bimba già scorrazza nei campi di bocce e penso a quando un giorno anche lei giocherà. D’altra parte, anch’io ho ereditato questa passione dai miei genitori».

Una delle soddisfazioni più grandi per le atlete, oltre a premi e medaglie, è proprio quella di trasmettere ai propri figli l’amore per lo sport, ha testimoniato infatti Diana Bianchedi, campionessa di fioretto e componente Giunta Coni nazionale: «Ho avuto tutto dallo sport, ma dopo il quinto campionato del mondo ho detto basta. Ora piango alle gare di mia figlia perché rivedo in lei quella gioia che solo lo sport ti sa dare e non importa se non sono le Olimpiadi».

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