16 February 2015

Zmorka: "Voglio fare il corridore non il soldato"

Il corridore Marlen Zmorka ha affrontato una difficile situazione per uscire dalla Crimea e rientrare a Palazzago, dove si è unito al resto del #teampalazzago

Zmorka: "voglio fare il corridore non il soldato"

Per gli appassionati che si chiedevano che fine avesse fatto il cronoman proveniente dalla Crimea Marlen Zmorka, c’è un’intervista uscita su Ciclismoweb.net.

“Da quando è scoppiata la guerra è praticamente impossibile vivere una vita normale. Siamo occupati militarmente e non possiamo fare più nulla. Si combatte per le strade, i cecchini sono nascosti ad ogni angolo di strada, e una pallottola, una sventagliata di mitra o una bomba ti può raggiungere in qualunque istante”.

Come hai vissuto Marlen in questi mesi, da novembre, da quando sei rientrato a casa in Crimea? Come ti sei allenato?

“Allenato è una parola grossa. Quel poco che potevo fare erano i rulli nascosto in un a cantina o andare a camminare di notte tra i boschi. E non più nelle zone che conoscevo perché i campi sono pieni zeppi di mine anti-uomo con il rischio di saltare in aria ad ogni passo. In Crimea abbiamo fame, non abbiamo più riscaldamento, non c'è cibo, non ci sono medicinali. E quel poco che si trova, al mercato nero ormai, costa cifre esorbitanti”.

E per mantenerti in contatto con l'Italia come facevi?

“Dal 31 dicembre gli americani hanno creato una zona off line in Crimea proprio per contrastare l'invasione dei russi. Praticamente i collegamenti internet non esistono più, tagliato ogni contatto. I cellulari con scheda ucraina non hanno più rete e non si può più telefonare. Siamo costretti a prendere una scheda russa che spesso risulta impossibile attivare. Il mio direttore sportivo Olivano Locatelli e la famiglia Tironi ad un certo punto mi avevano dato per disperso. Pensate che per fare una telefonata una mattina Olivano Locatelli per dire che ero ancora vivo ho affrontato quattro ore di treno all'andata e quattro al ritorno uscendo dalla zona off limits ma sempre controllata dai russi e tutto questo per un solo minuto di chiamata. E rischiando in prima persona”.

E come hai fatto a rientrare in Italia?

“È stato un vero e proprio viaggio di fortuna. Sono partito al giovedì per arrivare a Bergamo il lunedì mattina. Di sera mi hanno portato ad un approdo segreto facendomi salire in un barchino di fortuna che serve per i trasbordi clandestini non controllati dai russi. Cinque ore di navigazione in un barchino a remi attraverso un istmo. Con borse, bicicletta e tutto ciò che potevo portarmi via, e distrutto dal freddo e dalle lunghe camminate nella neve. E in Ucraina quando è freddo si parla di tanti gradi sotto zero. Poi a piedi sempre di notte per almeno tre ore attraverso dei sentieri, in quanto sono stati tolti pullman e treni che collegavano le zone periferiche alla capitale. Finalmente sono riuscito a raggiungere la dogana che i russi hanno frapposto tra la Crimea e l'Ucraina. Li ho atteso diciotto ore. File lunghissime di camion, di auto, controlli con cani da guardia, metal detector e tanta paura. Mi hanno controllato da capo a piedi tutto il bagaglio. Poi finalmente sono riuscito a prendere prima una corriera poi un il treno e arrivare a Kiev alla domenica, dormendo in aeroporto. Li un responsabile della federazione ciclistica ucraina è riuscito a procurarmi un biglietto aereo per arrivare in Italia”.

Isolato completamente.

“Non potevo contattare nessuno al di fuori dell'Ucraina. Non si può chiamare, non si possono mandare o ricevere mail, altro che allenarsi, bisogna prima pensare a salvarsi la pelle. Una situazione che davvero non auguro a nessuno”.

E adesso cosa attende Marlen?

“Innanzitutto devo recuperare il passo dei miei compagni di squadra che qui in Italia si allenano e vivono senza aver paura che una bomba gli scoppi dentro casa. La strage dei trenta morti del mercato è avvenuta ad esempio a pochi chilometri da dove abito io. Poi piano piano tornerò a vivere qui in Italia una vita normale. Sempre con la paura che possa accadere qualcosa alla mia familgia. Lunedì, tre ore dopo il mio sbarco in Italia, la frontiera russo-ucraina che avevo attraversato è stata chiusa. Almeno su questo sono stato fortunato. Partendo il giorno dopo, sarei rimasto bloccato li”.

Quali i timori ora?

“Che mi richiamino in patria prima che termini la guerra o si trovino degli accordi internazionali per dare il cessate il fuoco. Se non dovessi rientrare rischierei di essere definito disertore. Se rientrassi in Ucraina e la guerra non fosse ancora terminata chi lo sa se mai potrò tornare in Italia”.

Un messaggio ai tanti ragazzi di ventidue anni che corrono in bicicletta come te ma ovviamente non vivono le tue difficoltà?

“Di pedalare, di divertirsi sulla bicicletta, di impegnarsi, di non sentire il peso della gara o dell'allenamento. Qui avete tutto. Io voglio fare solo il corridore non il soldato”.

Per saperne di più www.ciclismoweb.net.

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