In casa Bmc ricorrono a un sistema tradizionale denominato Mtt e, grazie alla loro esperienza sui materiali compositi, hanno creato una front, la Teamelite 01, in grado di offrire un comfort insperato fino a ieri pur fermando la bilancia su valori inverosimili.
L’Mtt di Bmc si basa su un concetto più tradizionale e quindi in linea con il vecchio progetto softail, ovvero quello di usare l’elasticità del carro come ammortizzatore. Mentre ai foderi orizzontali è demandata la funzione di flessione, quelli obliqui convergono al tubo piantone collegandosi per mezzo di una coppia di elastomeri sostituibili in tre differenti densità sostituibili in base ai gusti personali del biker.
Mentre scriviamo ci giungono rumors di come altri brand stiano sperimentando analoghe soluzioni. Abbandonando adesso la soluzione softail ci torna in mente un’altra idea invero molto originale che distinse diversi costruttori che l’adottarono diventando in alcuni casi veri e propri marchi di fabbrica. Parliamo dei foderi alti del carro.
Uno sguardo al passato
Tornando indietro negli anni impossibile non citare marchi noti di cui molti scomparsi. Come Mantis fondato dal guru Richard Cunningham.
Ma anche Yeti.
Per poi aggiungere alla lista la Kestrel MXZ, la nipponica Nishiki Alien e l’americana Haro Extreme fino alle leggendarie Alpinestars EOS e la tecnologica Scott Endorphin. L’idea di elevare il carro non rappresentava un vezzo estetico fine a sé stesso ma la ricerca di una risposta del carro differente dai soliti canoni costruttivi in una maggiore flessione pur compattando lo stesso verticalmente. Altri vantaggi riassumibili in una quasi pressoché totale assenza di sbattimento della catena contro il fodero, sostituzione della catena senza necessità si smagliarla. Erano i tempi in cui fantasia, originalità e ricerca della massima funzionalità permettevano ai progettisti di avere carta bianca nel realizzare biciclette che non mancavano di attirare anche gli sguardi dei più scettici.
Sul fronte hardtail
Sul fronte hardtail questa soluzione è stata raramente ripresa salvo Trek che con la nuovissima Stache 9r in formato 29+ ha richiamato l’attenzione non solo degli addetti ai lavori ma anche del pubblico che ha risposto subito in maniera positiva alla soluzione scelta. La difficoltà di alloggiare una ruota di ben 3” di sezione rappresenta comunque una sfida per i telaisti senza che questi si scontrino con gli obblighi a modificare il carro e le geometrie. L’intuizione del team Trek nell’alzare il fodero orizzontale così da “abbracciare” la ruota lasciando inalterata la zona del movimento centrale e conseguente limitazione nella scelta della guarnitura è una sfida vinta a piene mani sia sul fronte estetico che funzionale.
Anche in questo caso il passato offre una possibilità di riadattamento di un qualcosa che le passato stupiva e che oggi invece trova la sua validità nel sempre più ingombrante mercato con le sue numerose proposte. Abbiamo la sensazione che la new age della mountain bike stia sempre più guardando ai progetti che hanno caratterizzato la golden era della mountain bike ma rivisti in chiave moderna sfruttando i vantaggi che i materiali odierni sono in grado di offrire e garantire. Se l’elettronica ormai è onnipresente con trasmissione e forcelle a controllo elettronico (a proposito, chi ricorda le forcelle Girvin con lockout elettromeccanico?), anche sulla componentistica sembra ritrovare tale tendenza.
RockShox ha riaperto la discussione sulle forcelle a steli rovesciati con l’esclusiva RS-1.
Senza dimenticare le leggendarie Marzocchi, marchio precursore che aveva stupito il mercato proprio con le forcelle rovesciate. O citiamo ancora la nuova forcella Leaf che sfrutta lamine in carbonio ma che ripropone il sistema a parallelogramma che richiama alla memoria le Proflex con forcelle Girvinn sebbene a parallelogramma rovesciato. Non parliamo del ritorno prepotente delle corone ovali ormai onnipresenti che riportano alla mente le leggendarie Shimano Biopace.
Sono solo alcuni degli esempi di come il passato offra sempre spunti da cui attingere a piene mani e riproporre novità che oggi potrebbero rappresentare valide alternative agli standard classici e tornare a far sognare i biker “attempati” ma anche stupire quelli nuovi che scoprirebbero cosi un qualcosa che sebbene ideologicamente appartenente al passato si mostra ancora tremendamente attuale ed efficace.