29 July 2014

Triami ti amo

Il racconto di una gara tra il nuoto nel Naviglio Grande, il ciclismo intorno al Parco Sempione e la corsa con l’arrivo all’Arena. L’amore verso una disciplina che offre terreni di gara sempre diversi da quelli che vorremmo, e l’atteggiamento di una città che, speriamo, inizi ad amare la triplice (di Carlo Brena)

Triami ti amo

Per anni abbiamo guardato quel canale con diffidenza, timore, persino con sufficienza. Una lingua d'acqua che con discrezione entra in Milano, il Naviglio Grande, e che si getta nella Darsena, per poi scivolare disciplinatamente nel Naviglio Pavese. Di quel rio artificiale ci hanno raccontato di stare alla larga, perché ricettacolo di rifiuti e discarica sottomarina. E le leggende metropolitane su pantegane da dimensioni equatoriali e barzellette su italioti che si abbeverano al naviglio, hanno alimentato la fama di questo luogo da confine della realtà.

Fino a quando un giorno dello scorso anno sul sito della Fitri, compare un non precisato triathlon olimpico all'ombra della Madonnina, e ci si apre un mondo. Lo chiamano Tri@MI: bello, molto due punto zero.

Milano come Londra, Milano come Zurigo o Barcellona, Milano come le grandi capitali europee avrà il suo triathlon cittadino. Dopo la Milano da bere (... meglio non nel Naviglio) arriva la Milano da nuotare, da pedalare e da correre.

E domenica mattina, lì davanti alla Canottieri Olona, siamo in cinquecento. Sold out, come dicono gli americani che hanno la capacità di sintetizzare in due parole un concetto che più o meno suona così: il prodotto è stato così richiesto che è andato esaurito in poco tempo, ergo le iscrizioni al TriaMI sono state chiuse 20 giorni prima della gara per raggiunto numero massimo di iscritti. Cinquecento appunto.

Ed è proprio la frazione di nuoto che riserva la più bella sorpresa. Nuotare in favore di corrente è come andare in bici quando hai il vento alle spalle. Bello, forse una delle più belle nuotate in acque aperte che abbia mai fatto.

Quando esco dall'acqua mi vengono in mente le polemiche sui lavori in corso in molte zone di Milano, non ultima la Darsena che è un cantiere aperto in vista di Expo. Usciamo a destra sulla Ripa (per i non milanesi quella di sinistra è l'Alzaia) e la zona cambio è ricavata lungo la via, una soluzione che gli organizzatori hanno dovuto adottare dieci giorni prima della gara, per i lavori di cui sopra.

Ci vuole pazienza, ci vuole comprensione, ci vuole sensibilità per capire che organizzare un triathlon a Milano non è come organizzarlo in un luogo sperduto della Sardegna o in un paesino della provincia. Qui ci si deve misurare con i poteri forti della città.

Alla fine con la nostra bicicletta ci immettiamo nella bretella che ci porta nel circuito ciclistico intorno al Parco Sempione, con una città che lentamente si sveglia per la colazione domenicale delle undici. Lo capisci dal crescere del traffico e dal tono degli improperi di certi clacson.

Arrivo alla Triennale e mi butto nel circuito, e qui come un criceto sulla ruota, inizio il primo dei nove loop di 3,9 chilometri. Capisco subito che prudenza e attenzione sono più importanti di un sorpasso: binari del tram, sampietrini e lastre varie, automobilisti desiderosi di attenzioni e altra umanità varia, impongono una guida pennellata, fatta di pochi e ragionati rischi. E poi diciamolo: la gran parte dei triatleti in bici non ci sanno proprio andare, io per primo! In gruppo non mi fido, troppi fenomeni circensi con velleità da MotoGp. «Io il lunedì devo timbrare il cartellino» dico a un compagno di fuga. Lui annuisce e mi dà il cambio.

Dopo due giri ho capito come prendere alcune curve senza perdere velocità, mentre ho qualche difficoltà con il giro di boa all'inizio di Corso Sempione, complice anche altri concorrenti che sperimentano ogni volta traiettorie ellittiche sempre diverse. Certo, il percorso ciclistico del Tri@MI atto secondo non è facile e sicuramente va rivisto, però il nemico non si sceglie, si prende quello che la battaglia offre, e Milano questo offre. Davano brutto, e invece Milano ci ha sorpreso con un timido sole, più caldo di sterili provocazioni del dopo gara in stile social: un tempo quando c'era da fare polemiche si aspettava l'organizzatore dopo le premiazioni e ci si confrontava, adesso si aspetta l’indomani per mettere login e password su facebook. I tempi cambiano…

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