di Alfredo Colella - 03 August 2015

La pedalata (prima parte)

Il primo di due articoli dedicati alla pedalata. Esaminiamo i differenti modi di pedalare e il giusto approccio alla metodica di allenamento, per prevenire fastidiosi danni tendinei

La pedalata (prima parte)

Pedalata rotonda o a stantuffo

Chi è nel ciclismo da anni sente parlare di “pedalata rotonda”, cioè della tecnica che si ottiene quando il lavoro muscolare è attivo durante tutta la circonferenza tracciata dalla pedalata stessa, sia nella fase di spinta sia nella fase di ritorno. Si tratta di una dote naturale innata, oppure si può acquisire col tempo e gli esercizi giusti? In questo caso le teorie sono discordanti, poiché alcuni tecnici sostengono sia un fattore morfologico legato alla forma e all’elasticità muscolare, altri (forse legati alle antiche regole della tradizione ciclistica) sono certi che si possa acquisire lavorando opportunamente in bicicletta.

Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Chi, morfologicamente parlando, non è predisposto, non riuscirà ad ottenere il gioco di caviglia necessario ad avere una pedalata veramente rotonda, ma pure chi trascura lo stile e l’allenamento mirato (fin da giovane età) mai imparerà ad acquisirlo. La tecnica di pedalata e lo stile sono fondamentali che si apprendano fin dai primi anni di attività, per poter essere migliorati e adattati nel tempo, eliminando i gesti e le azioni superflue; e dispendiose che consumano energia preziosa durante una corsa. Nonostante sia possibile allenare la propria tecnica, ogni ciclista tende ad adattarsi allo sforzo atletico secondo la propria struttura motoria.

Contrapposta alla pedalata rotonda, sta la cosiddetta “pedalata a stantuffo”, in cui un piede, nella fase di ritorno, viene trascinato dall’altro piede, che è in piena fase di spinta. Trattandosi di un periodo di circonferenza inattivo (in cui il piede trascinato non fa sforzi), la logica ci porta a pensare che la forza applicata sia inferiore, rispetto alla pedalata rotonda. In realtà, la differenza sulla distribuzione delle forze varia anche in funzione del regime di pedalata e del rapporto utilizzato, tanto che risulta difficile stabilire quale delle due pedalate sia più redditizia.

Possiamo affermare che, in un regime medio variabile tra i 70 e i 100 cicli al minuto, la pedalata rotonda è migliore, sotto il profilo meccanico e fisiologico. In altre situazioni, dove la posizione della caviglia è condizionata dall’intervento della forza centrifuga (oltre i 120 cicli al minuto), la valutazione si complica, poiché intervengono fattori esterni quali l’eventuale scoordinamento motorio, le turbe biomeccaniche, i vortici d’aria non lineari, l’irregolare trasmissione della forza (essendo il corridore sotto sforzo eccessivo) e gli attriti. Consigliamo, quindi, di lavorare stando sotto il regime massimo dei 110 cicli al minuto, utilizzando correttamente il cambio in relazione alla situazione da affrontare.

Come allenare la pedalata?

L’utilizzo del pignone fisso aiuta molto l’atleta ad acquisire un buon colpo di pedale, ma questa tipologia di allenamento richiede il rispetto di alcune regole. Non è corretto utilizzare la ruota fissa a periodi intervallati: le uscite vanno effettuate senza alternare il rapporto fisso con la ruota libera, così da costringere il muscolo a fare un certo tipo di lavoro ripetitivo, che permetterà di acquisire movimento e abitudine al gesto tecnico. La scelta del rapporto da utilizzare è importante: la corona 42 abbinata al pignone 18 (oppure la 39 abbinata al 17) costringe l’atleta a un lavoro aerobico forzato poiché, ad una cadenza di circa 110 pedalate al minuto, la frequenza cardiaca risulta molto vicina ai 140-150 battiti, con circa 30 atti respiratori al minuto e una andatura di 30-32 km/h.

Allenare la pedalata (e allo stesso tempo condizionare il nostro apparato cardio-respiratorio) è un esercizio ideale per riprendere la stagione agonistica dopo la sosta invernale, prima di dedicarsi ai lavori sulla forza e sulla resistenza. La lunghezza del percorso va scelta in base alla nostra forma fisica: chi è fermo da uno o due mesi può riprendere quasi subito a pieno regime e con uscite di un paio d’ore. Gli altri devono arrivarci per gradi, con frequenze di pedalata e tempi di uscita crescenti.

Tendinopatie

È utile farsi seguire e consigliare da un biomeccanico, quando si parla di movimenti di caviglia e allenamenti ad alte frequenze. Un sovraccarico funzionale dovuto ad una scorretta coordinazione motoria può provocare fastidiose tendinopatie (achillea e calcaneare). Le cause possono essere molteplici: l’uso sconsiderato dei rapporti duri, a inizio stagione, o dei rapporti agili (di solito percorsi troppo lunghi, rispetto alla preparazione fisica), l’altezza eccessiva della sella e il suo scorretto arretramento, la posizione delle tacchette sulle scarpe. Tutti fattori che minano la giusta pedalata e il corretto movimento delle caviglie.

La sindrome dolorosa può essere occasionale e transitoria (un allenamento più duro del solito) oppure può diventare persistente. È localizzata sulla porzione media del tendine d’Achille (o sull’inserzione calcaneare) e diminuisce col riposo, ma è di difficile eradicazione, in quanto i sintomi dolorosi ricompaiono anche semplicemente camminando. Il tendine può presentarsi ispessito, l’area interessata è vivamente arrossata e dolorabile, possono esserci piccole tumefazioni. Una volta infiammato, il tendine trascurato tende a cronicizzare e condizionare tutta la stagione agonistica: è necessario il riposo e le cure fisioterapiche adatte, anche nel mezzo della stagione. Prolungare l’attività “per arrivare alla pausa invernale” utilizzando antinfiammatori, talvolta in modo eccessivo, è quanto di più dannoso potremmo fare. Tra i compiti di un buon tecnico e del biomeccanico c’è quello di prevenire tali situazioni.

Fine prima parte

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