di Andrea Vivian - 04 December 2015

Il defaticamento per velocizzare il recupero

Il defaticamento permette di velocizzare lo smaltimento dell’acido lattico accumulato durante uno sforzo fisico beneficiando così di un recupero più rapido. Le tecniche più semplici e facili da applicare per migliorare la performance

Il defaticamento per velocizzare il recupero

Il defaticamento è una pratica, spesso sottovalutata e non utilizzata dagli atleti (soprattutto amatoriali), che consente di velocizzare lo smaltimento dell’acido lattico accumulato durante uno sforzo fisico beneficiando così di un recupero più rapido. Con l'aumentare dell'intensità dell'esercizio si ha un brusco aumento della lattacidemia. Ciò induce rapidamente a esaurimento fisico. Ogni procedura che facilita la rimozione di lattato e aiuta al ripristino dell'omeostasi migliora il recupero. Le tecniche più semplici e facili da applicare, si possono sostanzialmente riassumere nei seguenti tre punti.

 

1- recupero passivo

Nel recupero passivo il soggetto, stando fermo, riduce il livello metabolico rendendo maggiormente disponibile l'ossigeno per i muscoli che hanno lavorato e stanno recuperando. Quando il ciclista svolge un'uscita a un'intensità inferiore al 50% del VO2max, nel suo organismo non si riscontra accumulo di acido lattico. In queste condizioni il recupero attivo (consigliato a seguito di un'intensità di lavoro che si attesta circa alla velocità della seduta stessa) non avrebbe senso in quanto non farebbe altro che prolungare il tempo necessario a ritornare alla condizione basale. La fase di recupero non sarebbe altro che la continuazione della fase di allenamento. Durante il recupero passivo si avrà la risintesi dei fosfati altamente energetici, la ricostruzione delle scorte di ossigeno nel sangue e nei fluidi corporei e la riossigenazione completa della mioglobina.

 

2- recupero attivo

È la tipologia di defaticamento più utilizzato. Con questa pratica il ciclista non termina la propria attività dopo la fase di esercizio ma continua a compiere un lavoro di bassa intensità. La velocità di rimozione dell’acido lattico ematico è in funzione dell’intensità dell’attività compiuta durante il recupero. Nel ciclismo, un lavoro aerobico svolto al termine della prova, a un'intensità compresa tra il 29 e il 45% di VO2max (Choi D. e coll., 1994; Falk B. e coll., 1995),  comparabile al 50-60% circa della frequenza cardiaca massima, permette la più elevata rimozione di lattato al termine di una prova.

Questa attività consente una maggior perfusione dei muscoli scheletrici e degli organi (fegato e cuore)  in grado di rimuovere il lattato accumulato e permette così un maggior smaltimento tramite l'ossidazione del lattato nel ciclo di Krebs (Gladden L. B., 1989)Per ogni minuto di recupero la quantità di acido lattico diminuisce di circa il 3%. Una piccolissima parte viene persa attraverso le urine e il sudore mentre la maggior parte prodotta (più del 60%) viene ossidata come se fosse un substrato energetico con produzione finale di CO2 e H2O. Inoltre, nella fase di defaticamento, il mantenimento del livello di ventilazione elevato, riduce la pressione parziale della CO2 alveolare facilitando così la ricombinazione di H+ e HCO3 che, formando acido carbonico, provocano una riduzione di concentrazione di idrogenioni.

 

3- altre pratiche

Massaggi, docce fredde (per la riduzione degli stati infiammatori), l'assunzione di posizioni e posture particolari, l'elettrostimolazione eccetera coadiuvano le metodiche precedenti agevolando il recupero. Un'altra pratica indispensabile ed essenziale per velocizzare il recupero sarà quella riguardante un'adeguata integrazione e alimentazione, sia in termini qualitativi sia quantitativi, necessaria al ripristino dei substrati energetici consumati, nonché una corretta idratazione.

 

Foto courtesy  Runner's World

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