Ascesa alla vetta del Monte Nuria, tra esplorazione e qualche tratto "a spinta"

Un'escursione in mountain bike al confine tra Lazio e Abruzzo, facilmente raggiungibile da Roma. La salita al monte Nuria offre tanta fatica ma altrettanto divertimento nella discesa, con tratti un po' tecnici e altri più rilassanti di piacevole flow. Il percorso proposto prevede una salita di quasi 16 km con circa 1300 metri di dislivello e una discesa di circa 10 km. In vetta si scopre un panorama che spazia a 360 gradi sull'Appennino Centrale. La difficoltà è media.

La sudata cima del monte Nuria, a quasi 1900 m (tutte le foto della pagina sono di Giuliano Camarda)

A solo un’ora di auto da Roma, si entra nell’area dell’Appennino Centrale Abruzzese. Nella zona orientale della Provincia di Rieti al confine con la Provincia dell’Aquila, si trova il gruppo montuoso dei Monti Nuria. La cima più alta di questo gruppo raggiunge i 1888 mt s.l.m.. Noi siamo arrivati fino alla cima, con la sua croce posta in vetta; da lì abbiamo percorso pedalando la cresta che unisce la cima del Nuria con la cima del Monte Nurietta, poco più in basso, e poi ci siamo lanciati nella discesa. La conquista della vetta è avvenuta non senza fatica: abbiamo percorso la strada, che diventa un sentiero, che si trasforma in una esile striscia di terra e che poi si perde nel bosco fino ad arrivare nella radura assolata e ventosa che anticipa la vetta. Qui non c’è più una traccia, si pedala a vista godendosi un panorama mozzafiato.

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Si parte da Borgo Velino

Siamo partiti dal paese di Borgo Velino a quota 460 mt s.l.m. per una salita senza sosta di 16 chilometri, con un dislivello positivo di 1340 mt. Abbiamo scelto un percorso che prevede un primo tratto su asfalto, fino al rifugio Borgo Velino a 1240 mt s.l.m. Questo primo tratto è lungo circa 9 km e si caratterizza per un susseguirsi di tornanti, quasi tutti sotto l’ombra della faggeta che orna la parte est della montagna. Una bella passeggiata, una sorta di riscaldamento prima della salita vera e propria. L’asfalto si interrompe proprio al bivio davanti al rifugio Borgo Velino. Al nostro arrivo la struttura era chiusa, non ci sono fontanili per rifornirsi di acqua, solo un laghetto che raccoglie le acque piovane utili per le mandrie di mucche al pascolo. Dal rifugio si diramano due vie, una che continua sulla destra, sempre asfaltata, e la seconda sulla sinistra, che passando davanti alla struttura si allunga per di qualche centinaio di metri, svolta a destra e si inerpica dentro al bosco.

Cresce la pendenza, ma anche l'avventura

Quando la pendenza si fa troppo severa, non resta che allenare anche le braccia

Da qui la pendenza cresce, con punte del 25%, e il fondo stradale si fa più impegnativo. Si pedala per circa 5 chilometri su un single track tutto in ombra. Va fatta attenzione alla possibile presenza di rami e arbusti che, specialmente in primavera quando l’abbiamo percorsa noi, restano sul terreno, abbattuti probabilmente dalle nevicate invernali. Noi abbiamo trovato anche diversi tratti dove il costone sinistro della montagna era franato, lasciando qualche bel masso ad ostruire il percorso. La situazione si fa però più avventurosa quasi in vista della vetta. Il sentiero si interrompe bruscamente e lascia il posto ad una flebile traccia che sale per gli ultimi 700 metri fino alla fine del bosco. Pochi segni di vernice su qualche tronco. In questo punto siamo scesi dal sellino e abbiamo iniziato la nobile attività dello “spingismo”. La fine del bosco è a vista e si intravede l’inizio della radura che arriva fino alla vetta, sembra lì a portata di ruota, sembra ormai fatta e invece no, questi ultimi metri sono la ciliegina sulla torta di una ascesa infinita.

L'arrivo in cima con vista appenninica

In cima la vista ripaga degli sforzi fatti

Usciti dal bosco si arriva sulla radura, a quota indicativa di 1800 metri s.l.m., oramai la vetta è prossima e si inizia a vedere un panorama unico. Riproviamo a rimontare in sella, oramai navighiamo a vista, da qui in poi ci si può scegliere la traiettoria che si preferisce per arrivare alla croce posta in vetta. Noi abbiamo provato ad alleviare la fatica dell’ultimo tratto, cercando di tagliare per obliquo la pendenza ma il terreno presenta dei gradoni e alla fine abbiamo dovuto ricorrere ancora una volta alla tecnica dello “spingismo”: giù dalla sella e vai di braccia per gli ultimi 20 minuti di ascesa. Ma arrivati in vetta il panorama che si presenta è sterminato, spazia a 360 gradi su tutto l’Appennino Centrale. Da Nord si possono ammirare le vette del Terminillo, quelle del gruppo del Velino, fino alle cime dei lontani monti Sibillini con la cima del monte Vettore. Più vicini, quasi a portata di mano, i monti del Cicolano con il monte Giano, dove è presente la famigerata scritta Dvx, composta da 20 mila alberi di pino.

Inizia la discesa: tecnica e divertimento flow

Il rifugio De Angelis 

Per la discesa è possibile scegliere 3 percorsi. Noi abbiamo optato per quello segnato dal CAI, decisamente impegnativo almeno nella prima parte, con tratti ripidi e molto scassati ai limiti del ciclabile. Circa 6 chilometri da percorrere tutti d’un fiato almeno sino alla tappa obbligata al rifugio Romolo de Angelis. Il rifugio è aperto e si trova in un’area pianeggiante con alle spalle una splendida vista sulle cime della catena del Nuria. Da qui in poi inizia il divertimento più spensierato e si viene ripagati di tutta la fatica fatta. Un percorso flow, veloce e divertente, che taglia in diverse parti la vecchia strada asfaltata che avevamo fatto all’andata, dando eventualmente vie di fuga. L’ultima parte ha dei passaggi stretti e un po’ tecnici, fino ad arrivare all’ultima discesa che ci riporta al bivio per il paese di Borgo Velino.

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Qui il link per la traccia della salita su Wikiloc e quello della discesa.

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