01 December 2009

Cinque italiani in bici, dal Nepal al Tibet

Andrea Canella, project manager di Giant Italia, racconta la sua esperienza indimenticabile

Cinque italiani in bici, dal nepal al tibet


Andrea Canella ha completato la sua impresa, accompagnato da quattro compagni di viaggio. In 22 tappe avventurose, il project manager del Giant Italia team ha concluso un viaggio in bici tra Nepal e Tibet: pedalato metro dopo metro in sella a una Giant Xtc advanced sl.

Di ritorno in Italia, ecco la sua testimonianza.

Cosa ti ha spinto a intraprendere un'avventura come quella appena conclusa?

«La voglia di accomunare due mie grandi passioni: la montagna e la mountain bike. E quale posto migliore delle montagne che fanno da sfondo al Nepal e al Tibet? Là, dove le montagne non sono quelle che siamo soliti vedere ritratte in fotografia o documentate in televisione, ma dove un tramonto può togliere il fiato, dove la fatica dopo una lunga giornata in sella alla propria mountain bike è poca cosa rispetto alla gioia di condividere con i popoli locali usi e culture.
Mi sembra di rivivere il momento in cui abbiamo superato un passo a 5248 metri di quota e abbiamo ammirato in sequenza il Lotse (8.516 metri), l’Everest (8.848 metri) e il Cho You (8.201 metri). In pochi hanno avuto il privilegio di un tale panorama, specialmente in sella alla propria mountainbike».

Quali erano i tuoi obiettivi prima di partire? Puoi dire di averli raggiunti?

«Il mio obiettivo principale era testarmi, capire quanto difficile potesse essere pedalare in quota. E naturalmente avventurarmi in un’impresa davvero poco consueta.
Si, devo ammettere che ho raggiunto ogni obiettivo che mi ero prefissato alla partenza.
Il momento topico è coinciso con l’arrivo a Rongbuk, sede del campo base dell’Everest. Dopo quasi 12 ore in sella alla mia Giant Xtc advanced sl, ho capito che il mio viaggio avrebbe avuto il senso che mi aspettavo».

Qual è stato il momento più difficile del tuo viaggio?

«Le prime nottate, passate in tenda con temperature molto basse facendo i conti con l’insonnia classica dell’altura. E non potrei mai dimenticarmi delle soste nelle Guest House, dove le condizioni igieniche erano pressoché inesistenti».

E quello più significativo?

«L’improvviso adattarsi a quelli che sembravano essere i disagi del vivere all’aperto in un ambiente bello, ma inospitale. Circa dieci giorni dopo l’inizio del viaggio, tutto è diventato semplice, quasi normale: il vivere in tenda dormendo con temperature sotto lo zero, il cibo che prima sembrava immangiabile, gestire le condizioni igieniche… ho iniziato a vivere bene la mia avventura».

Hai seguito una specifica preparazione in vista di questo lungo e massacrante viaggio?

«Non mi è servita nessuna particolare preparazione. Mi ero già allenato in precedenza in bicil. La mia condizione fisica era sufficientemente idonea ad affrontare un viaggio di questo tipo. Ho solo aggiunto una dose straordinaria di grinta».

In quanti avete preso parte alla spedizione?

«Una spedizione di cinque splendidi compagni di viaggio: Massimo, Carlo, Piero, Lorenzo e Cristiano, ai quali si aggiunge una persona preparata e attenta a ogni nostro bisogno come Mariano Lorefice - un organizzatore e guida eccezionale, che raccomando a chiunque pensi di affrontare un viaggio simile in quelle terre.  Questa straordinaria esperienza si è conclusa, ma conservo dei ricordi meravigliosi accomunati dalle miglia percorse in sella».
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