di Jacopo Altobelli
14 January 2022

Peste suina: stop anche alla mountain bike

Anche la mtb è tra le attività proibite per ragioni di sicurezza nelle aree interessate dai focolai di peste suina, tra Piemonte e Liguria. Ma il provvedimento del Ministero ha suscitato molte critiche e dubbi, non solo tra i bikers.

(foto Pixabay)

Anche la mountain bike è tra le attività vietate a motivo di sicurezza contro la peste suina africana. Si tratta di una malattia virale che colpisce suini e cinghiali, altamente contagiosa è spesso letale per gli animali ma non è trasmissibile all'uomo. Ma se si dovesse diffondere sarebbe un grave problema, in quanto le epidemie sono spesso molto pesanti per le economie dei Paesi colpiti. L'ordinanza congiunta dei ministeri della Salute e dell'Agricolutura, che sarà in vigore fino a luglio in 114 comuni di Piemonte e Liguria, oltre all'attività venatoria, al trekking, alla raccolta di funghi e tartufi e alla pesca, vieta anche l'attività ciclistica mtb nei territori interessati. La misura è stata presa dopo il caso di alcuni cinghiali morti, rinvenuti in provincia di Alessandria: dalle analisi di laboratorio, gli animali sono risultati affetti da peste suina africana. A motivo di questa allerta, proprio oggi era previsto il tavolo di emergenza regionale organizzato dall'assessore all'Agricolutura del Piemonte Marco Protopapa, insieme ai prefetti regionali, ai presidenti delle varie province e ai carabinieri forestali, oltre che alle associazioni venatorie. Il provvedimento non ha mancato di suscitare polemiche, in particolare perché una chiusura così prolungata rischia di bloccare il turismo (ma anche lo svago quotidiano e il benessere di chi vive in quelle zone). Interi territori montani, frequentati spesso dai bikers, saranno così inaccessibili per sei mesi. In Liguria sono interessati i parchi del Beigua e dell'Antola, e sui social sono già apparsi i cartelli di divieto che non hanno mancato di suscitare molte reazioni tra gli appassionati di mountain bike.

"Si rischia il collasso del territorio"

"Un intero territorio che si ferma, anzi arretra, proprio nel momento in cui ci sarebbe più bisogno di avanzare in maniera energica per uscire dal tunnel. - ha detto all'agenzia Ansa Michele Negruzzo, presidente dell'Associazione Albergatori e Ristoratori della Val Borbera e Valle Spinti, territori incuneati tra Piemonte e Liguria che fanno parte della zona rossa - Un'intera popolazione ostaggio di scelte incomprensibili, un'intera filiera dichiarata fuorilegge. E' l'ennesima tegola sui nostri territori, sul lavoro, sulle vite" rimarca sconsolato. Anche il Parco del Beigua, in Liguria, pur rispettando l'ordinanza, è molto critico: "L'ordinanza sulla peste suina rischia di essere per le attività legate al turismo outdoor del comprensorio e del Parco del Beigua il terzo lockdown in tre anni. Il rischio è veramente il collasso. Il virus ormai è presente, applicheremo e rispetteremo l'ordinanza, ma è un "pannicello caldo". Gli animali selvatici (volpi, tassi, lupi, corvi) si spostano, soprattutto i lupi che possono percorrere centinaia di chilometri dopo aver mangiato una carcassa. Molti altri animali selvatici entrano a contatto con il virus e anche loro possono trasportarlo. Quindi, anche senza la presenza dell'uomo nei boschi, il virus è destinato ad espandersi. Anzi forse lo farà in maniera ancor più incontrollata, venendo a mancare quel controllo che i fruitori dei boschi fanno, a integrazione di quello istituzionale, poiché Carabinieri Forestali e Servizi veterinari sono altamente sotto organico e non riescono a trovare tempestivamente le carcasse. L'azione più efficace da mettere in campo è aumentare il livello di sicurezza negli allevamenti". "Come detto - continua il comunicato ufficiale apparso sui social del Parco - rispettiamo l'ordinanza, ma riteniamo che non sortirà gli effetti sperati, perché volpi e lupi non rispettano le ordinanze e i boschi abbandonati dal monitoraggio dell'uomo rischiano di prolungare e allargare l'emergenza".

Altamente contagiosa ma non infetta l'uomo

"La Peste Suina Africana - afferma la Coldiretti - può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è invece trasmissibile agli esseri umani. La situazione di emergenza che siamo costretti ad affrontare ora, è frutto della mancata azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali, di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne da nord a sud dell'Italia dove si contano ormai più di 2,3 milioni di esemplari". "L'ordinanza interministeriale - contimia la Coldiretti - prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta". Nell'area circoscritta, come già detto, sono vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti. Sotto l'ordinanza del Ministero:

"Bisogna limitare il propagarsi del virus"

Un virus molto strutturato e resistete, che rischia davvero di costituire un problema serio. Per questo tra chi coordina il monitoraggio, non c'è dubbio sulla necessità di una chiusura, nonostante i disagi e i problemi per il turismo. Se è vero che l'uomo non rischia infezioni, i copertoni delle bici potrebbero tuttavia portare in giro il virus. “Purtroppo basta che una persona cammini dove è passato un cinghiale infetto per trasportare il virus altrove" dice a Igv Roberto Moschi, responsabile del servizio veterinario di Alisa e coordinatore delle squadre di monitoraggio della peste suina africana. “Il punto - continua Moschi riportato sempre dal giornale ligure - è cercare di limitare il più possibile il propagarsi del virus per questo dobbiamo limitare sia gli spostamenti degli animali selvatici all’interno dei boschi sia delle persone e dei mezzi tra i vari territori.

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Tutti i comuni interessati dal divieto

I 78 Comuni piemontesi, tutti in provincia di Alessandria, sono: Cavatore, Castelnuovo Bormida, Cabella Ligure, Carrega Ligure, Francavilla Bisio, Carpeneto, Costa Vescovato, Grognardo, Orsara Bormida, Pasturana, Melazzo, Mornese, Ovada, Predosa, Lerma, Fraconalto, Rivalta Bormida, Fresonara, Malvicino, Ponzone, San Cristoforo, Sezzadio, Rocca Grimalda, Garbagna, Tassarolo, Mongiardino Ligure, Morsasco, Montaldo Bormida, Prasco, Montaldeo, Belforte Monferrato, Albera Ligure, Bosio, Cantalupo Ligure, Castelletto d'Orba, Cartosio, Acqui Terme, Arquata Scrivia, Parodi Ligure, Ricaldone, Gavi, Cremolino, Brignano-Frascata, Novi Ligure, Molare, Cassinelle, Morbello, Avolasca, Carezzano, Basaluzzo, Dernice, Trisobbio, Strevi, Sant'Agata Fossili, Pareto, Visone, Voltaggio, Tagliolo Monferrato, Casaleggio Boiro, Capriata d'Orba, Castellania, Carrosio, Cassine, Vignole Borbera, Serravalle Scrivia, Silvano d'Orba, Villalvernia, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, Sardigliano, Stazzano, Borghetto di Borbera, Grondona, Cassano Spinola, Montacuto, Gremiasco, San Sebastiano Curone e Fabbrica Curone. I 36 comuni liguri sono: Albisola Superiore, Celle, Stella, Pontinvrea, Varazze, Urbe e Sassello nel Savonese, e Arenzano, Bogliasco, Ceranesi, Ronco Scrivia, Mele, Isola del Cantone, Lumarzo, Masone, Serra Riccò, Genova, Campo Ligure, Megnanego, Bargagli, Busalla, Savignone, Torriglia, Rossiglione, Sant’Olcese, Valbrevenna, Sori, Tiglieto, Campomorone, Cogoleto, Pieve Ligure, Davagna, Casella, Montoggio Crocefieschi e Vobbia in provincia di Genova.

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