Ora capisco perché la chiamano l'Inferno del Nord: la mia Roubaix-Paris gravel

Il nostro gravelman parigino Alessandro Ioli continua ad alzare l'asticella della difficoltà e questa volta ha voluto rendere omaggio alla classica monumento che si è appena svolta da Parigi a Roubaix partecipando a una corsa gravel lungo il percorso inverso, oltre 300 km completamente in autonomia, partendo di notte e pedalando 26 ore di fila. Con tanta pioggia, troppo fango, una foratura di troppo, non abbastanza cibo. E zero ore di sonno.

La gravel Lauf attrezzata per affrontare 330 km, dei quali oltre metà in notturna (Foto di A. Ioli)

È stata una gara assurda, epica, piena di momenti difficili e di felicità. La GravelMan series edizione Roubaix-Paris è stata un'esperienza che certamente non dimenticherò. Affrontare i passaggi in pavé mitici come la foresta di Arenberg è già di per sé un'emozione ed è un po' da pazzi; ma farlo di notte, sotto la pioggia, pieni di fango e con la bici carica per affrontare 330 km tra pavé, sterrato, campi, sentieri da mtb... è forse da folli completi.

E' stata la gara più impegnativa che abbia mai affrontato, non so proprio come facciano i professionisti!

Partenza sotto la pioggia e passaggio nella leggendaria foresta di Arenberg

La gara è stata lunga e faticosa, siamo partiti in treno da Parigi in direzione Lille alle 17, una volta arrivati alla stazione abbiamo percorso i 10 km per arrivare al ritiro pettorali e partenza già sotto l’acqua battente. Fatto il check in, check bici, mangiato un panino e via. Partenza alle ore 20, purtroppo la pioggia non voleva saperne di smettere. I primi 40 km li abbiamo fatti sotto la pioggia in mezzo ai campi, strade sterrate e molto fango, inevitabilmente vista la quantità di fango, la poca luce e la pioggia io sono caduto due volte e Cyril solo una. La pioggia per fortuna ci da tregua verso il km 40 dopo due ore di pedalate. Il primo tratto di pavé lo affrontiamo al 50 km e appena dopo imbocchiamo la mitica foresta di Arenberg: il tratto di pavé é mistico, tecnico, viscido, sconnesso e c’era poca visibilità, é proprio vero che ci trovavamo nel cosiddetto “inferno del nord”; noi fortunatamente l’abbiamo affrontato con due bici da gravel in carbonio e ruote da 40 mm: non so proprio come facciano i professionisti: alieni!

Il tratto di pavé più iconico (e temuto) della grande classica francese: la Foresta di Arenberg

Le difficoltà di una gara "non supportata"

Essendo una gara gravel unsupported abbiamo dovuto portare con noi tutto il necessario per mangiare, bere, riparare la bici, coprirci dal freddo e dalla pioggia e ovviamente i gps e luci e rispettivi caricabatterie. Durante il giorno è facile fare il pieno di cibo e acqua sulla strada, i bar e le panetterie sono aperte e non si ha bisogno di luci potenti, servono solamente per farsi vedere, ma di notte tutto cambia, soprattutto da ottobre, quando le giornate sono più corte e la notte dura più di 10 ore. Infatti dopo circa 5 ore la mia torcia frontale si scarica, passo a quella di backup e fortunatamente decido di mettere in carica la torcia scarica.

Leggeri, in silenzio, si procede come in uno stato di trance

Superata la prima foratura, arriva il sonno

Purtroppo la prima foratura arriva verso il km 160, fortunatamente ci trovavamo in un tratto ben illuminato, così riparo la ruota e ripartiamo. Verso le 4 del mattino la fatica inizia a farsi sentire, mi vengono dei grandi colpi di sonno, gli occhi si chiudono da soli ma non posso fermarmi, le gambe vanno da sole, ad ogni piccola pausa che facciamo per mangiare una barretta o un pezzo di panino chiudevo gli occhi per riposare quei 5 minuti, dopodichè riparativo in uno stato di trans misto zombie.

Non bastava la foratura, ora ci si mette anche la catena

Superato il sonno, il fango fa saltare via la catena

Entriamo in un tratto di sentiero in mezzo ai campi, dopo solamente un km il terreno inizia a diventare molto viscido e il fango sempre più denso e colloso, in poco tempo le ruote si riempono e lo spazio con il telaio diventa pieno, la catena salta sulla corona, non fa più presa sui dentini, la catena scende e si va ad incastrare tra la corona e il telaio, diventa impossibile pedalare, scendo, pulisco un po la bici, metto su la catena, ancora niente. Cyril va avanti, lo perdo di vista, sono solo, al buio e in mezzo al fango, faccio un tratto a spinta, provo a risalire sulla bici, ancora impossibile.

Le prime luci del giorno, dopo la notte insonne, accompagnano la colazione

Dalla colazione al pranzo (e una piccola pausa)

Riparto a piedi, per fortuna Cyril mi viene incontro, rimetto su la catena e a fatica riparto. Arriviamo al km 200 verso le 7 di mattina, nella mia testa mi dicevo che non avrei potuto continuare, ero troppo stanco, avevo mangiato e bevuto poco, non dormivo da troppe ore e avevo male al ginocchio sinistro (causato da un’incidente con un’ambulanza avvenuto il giorno prima della gara). Per fortuna al km 220 troviamo i membri dell’organizzazione con uno stand pieno di cibo, ci rifocilliamo, beviamo e ci sediamo 40 minuti, da quando eravamo partiti non eravamo ancora scesi dalla bicicletta. L'esperienza di Cyril sulle ultramarathon mi ha aiutato ad andare avanti, sapevo che avrei potuto contare su di lui, mi ha confortato e dato la forza di continuare. Da lì il percorso diventa più fluido, ci mangiamo i km seguenti e in pochissimo tempo arriviamo al km 270 dove ci fermeremo a mangiare. A mezzogiorno mancavo 120km, facciamo una veloce pausa sandwiches e ripuliamo un pochino le bici in vista degli ultimi km, sapevamo che sarebbe ricominciato a piovere e che probabilmente saremmo arrivati con il buio.

Un pranzo al volo e poi si riparte

Arrivano le salite, e poi un'altra foratura

Negli ultimi 100 km avremmo avuto circa 1700m di dislivello (nei primi 250 ne avevamo fatti solamente 1000), sapevamo che avremmo avuto delle salite corte ma molto ripide e su terreno bagnato, spesso siamo stati costretti a spingere la bici. Il percorso si fa largo tra single track in foresta e piccoli tratti di paesini di campagna molto suggestivi. Verso le 16 ricomincia a piovere e noi avremmo ancora dovuto percorrere 70 km, il morale non era molto alto ma stringiamo i denti e andiamo avanti. Al km 300 arriva la prima foratura nella foresta e inevitabilmente sotto la pioggia, cerchiamo un posticino un po riparato sotto un albero, appendiamo la bici di Cyril, tiriamo via la ruota e cambiamo la camera d'aria, due pompate e via, di nuovo in marcia nel fango.

L'ennesima foratura

Nuova foratura, ma le camere d'aria sono finite

Usciti dal bosco smette di piovere ma ci assalgono delle raffiche di vento micidiali che ci rallentano enormemente. Rientriamo nel bosco e di colpo tutto diventa buio, siamo obbligati a riaccendere le torce e percorrere così gli ultimi 30km per arrivare a Parigi. Purtroppo il percorso non lasciava tregua, le salite erano diventate impraticabili a causa del fango e della pioggia, siamo costretti e farle tutte a piedi, nei tratti in piano cerchiamo di recuperare un po di velocità, purtroppo al km 320 foro un'altra volta il copertone Tubeless, proviamo di tutto, mettiamo delle meche, altro liquido, toppe, purtroppo non avevamo più camere d'aria e non riusciamo a riparare la gomma. Decido di fare gli ultimi 10km, per fortuna tutti di strada, con la ruota bucata, meno male che avevo gli inserti Vittoria.

A volte non resta che spingere 

E' veramente l'inferno del nord

Finiamo la corsa alle ore 22, dopo 26 ore di corsa non stop, tutti bagnati, infreddoliti, assonnati e pieni di fango, le bici incrostate e con una ruota bucata. Però poteva andare peggio. Ora capisco perché la Parigi Roubaix è definita l'Inferno del nord. È stata la gara più dura e difficile che abbia mai fatto (fin'ora), mi ha dato e insegnato tanto e mi ha fatto crescere e spostare i miei limiti ancora un pochino più in là. Chissà quale sarà il mio prossimo obiettivo o viaggio.

Entrare in città, dopo tanti chilometri, significa che bisogna stringere i denti ancora per poco

Riassumendo, ecco la mia Gravelman Roubaix-Paris in breve:

  • 330 km percorsi con 2700m d+ in 26 ore non stop
  • 22 ore trascorse a pedalare, 8000 kcal bruciate
  • 6 forature, 4 litri di acqua (sì forse avredi dovuto bere molto di più)
  • Tanta pioggia, troppo fango, non abbastanza cibo
  • Zero ore di sonno

Quasi quasi viene voglia di lasciarla così: ogni schizzo di fango è un centimetro di strada conquistato

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