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di Mario Ciaccia
20 October 2023

Buonanotte, si parte!

Se già di giorno le bici sono poco visibili, figuriamoci di notte. Non è un caso, se buona parte dei ciclisti teme le ore serali: c’è chi le evita come la peste e c’è chi usa la bici al buio solo se è costretto. Eppure, esiste un discreto numero di biker che dopo il tramonto ci va per scelta, perché si diverte. Perché pedalare nell'oscurità ha un suo fascino. E voi siete animali notturni?

Il bello? Le sensazioni che provi

Amo pedalare di notte, ma non è facile spiegare perché. Più volte mi sono sentito dire: “Perché lo fai? Non si vede nulla, che gusto c’è?”. In quei casi non so mai cosa dire. Andare di notte in bici è bellissimo, ma non ci sono ragioni ovvie. Il suo bello deriva dalle sensazioni che provi, più che da quello che vedi: è come se entrasse in un'altra dimensione, dove le percezioni e le sensazioni legate ai luoghi cambiano. Sei immerso nel nero più nero, rotto solo dalla parabola del faro. Il mondo è ridotto a quel cono di luce, eppure lo percepisci lo stesso. Ai lati incombe il Mistero. Sembra di essere sul fondo del mare! Ogni tanto è bello fermarsi, spegnere tutto e assorbire quello che si riesce: i rumori del bosco, un cane che abbaia, i grilli se siamo d’estate. Il massimo è affrontare i passi di montagna, quelli desolati, senza neanche il rifugio in cima e fermarsi nel punto più alto, ascoltando il rumore del vento. Tempo fa abbiamo affrontato il “percorso nel buio” (a piedi!) all’Istituto dei Ciechi di Milano e lo abbiamo trovato affascinante come quando guidiamo di notte. E non si vedeva nulla, ovviamente. Sul fatto che sia pericoloso, non possiamo negare che lo sia più che andare di giorno: così come andare in bici è più pericoloso che prendere l’autobus o andare con la pioggia è più pericoloso che con l’asciutto. Ma è un genere di pericolo controllabile.

Attenti agli automatismi

Occorre tenere una velocità molto più bassa che di giorno, per evitare la situazione di panico di quando, all’improvviso, scopri che la strada non prosegue come pensavi. Infatti, lì per lì sembra di capire tutto, invece esiste una zona che non vediamo, ma che pensiamo di vedere. Questo perché, dopo anni ed anni di pratica, il ciclista ha capito che, bene o male, le strade sono fatte secondo una logica abbastanza comune e, quindi, è abituato a prevedere il loro andamento anche senza conoscerle, nei punti ciechi: ovvero, se la curva inizia con un certo raggio, lo manterrà anche nella parte nascosta. Quindi, tendiamo a non rallentare perché ormai abbiamo acquisito una serie di automatismi che ci permette di indovinare la maggior parte dei tracciati. Mi sono reso conto di avere questi automatismi durante un viaggio (in moto) in Scozia, perché là molte curve hanno il raggio variabile e spesso ci si trovava a fare curve più larghe del previsto. Ecco, questa pericolosa illusione aumenta ancora di più col buio, per cui capita di stimare in modo sbagliato il raggio dei tornanti. Bisogna andare più piano, anche per prevedere in anticipo i classici trabocchetti delle nostre strade (buche, ghiaino, brevi tratti sterrati). In questo modo, si godrà della maggiore sicurezza che offre la guida al buio, in montagna, nei confronti di chi viene in senso contrario, dato che la sua presenza è anticipata dai fari. Un altro fattore di cui tenere conto è che i difetti della vista vengono accentuati durante la guida al buio; e quando la fatica inizia a farsi sentire, i riflessi si allentano. Non esistono regole: la notturna per eccellenza è quella che inizia al tramonto e termina all’alba, ma può anche essere un giretto invernale all’ora dell’aperitivo. Esistono manifestazioni dedicate espressamente alla guida di notte, come BIKE NIGHT.

Fuoristrada al buio

In fuoristrada, le notturne sono ancora più belle e ribaltano il concetto classico del biker che, quando si avvicina il tramonto, accelera il ritorno a casa, timoroso. Trovarsi nei boschi al tramonto, infatti, fa sempre paura e non solo perché si vedono peggio gli ostacoli del terreno. È da quando siamo piccoli che abbiamo paura del bosco di notte, ce lo insegnano fin da quando ci raccontano delle sventure di Biancaneve, Pollicino, Hansel e Gretel. Anche se il lupo non c’è più, si ha sempre paura di incontrarlo. Ma quando decidi di fare una notturna, questo tabù cade. Il buio non è più una cosa da fuggire, ma segna l’inizio della gita. Vedi i punti luminosi dei tuoi compagni arrampicarsi e salire tortuosamente davanti a te. Ti accorgi che, in fuoristrada, spesso occorre meno luce che su strada, perché vai molto più piano, ma non si può scendere sotto un livello minimo di lumen. Anche se, in realtà, va visto caso per caso. Chiaramente in salita su asfalto basta poca luce. In discesa, se prendi velocità, su asfalto di luce te ne serve tanta. Un tabù che viene a cadere in fuoristrada riguarda gli ostacoli, che pensavi divenissero non più identificabili: con un faro potente, si vedono benissimo, perché le ombre che crea dietro di loro li rendono più visibili che di giorno.

Fa freddo

Una cosa che spesso viene sottovalutata, di notte, è che la stanchezza e la lunga esposizione all’aria può farci percepire una sensazione di freddo pazzesco, anche se magari la gente che vediamo passare a piedi è in maniche corte. Se, poi, la nostra notturna si svolge su passi alpini oltre i 2.000 m, allora il freddo non sarà solo una sensazione: ma qua lo sapete benissimo, ci vuole abbigliamento pesante, specie a fine salita, quando si arriva in vetta sudati e ci si rilassa. E, naturalmente, ben visibile!

Scuole di pensiero

Le mountain-bike sono piuttosto critiche dal punto di vista dell'illuminazione, perché da una parte devono essere essenziali, mentre dall'altra finiscono in zone estremamente buie e accidentate. Ho avuto modo di vivere in diretta la lunga evoluzione dell'illuminazione delle mtb. Agli inizi non avevano i fari. Gli impianti a dinamo, tipici delle bici da città, oltre che fare a pugni con le esigenze di essenzialità del mezzo avevano prestazioni scarsissime anche alle alte velocità. E più piano andavi, meno luce producevano. Per cui usavamo le pile frontali, quelle che si prendono per fare speleologia, alpinismo, campeggio. Poi alcune Case, come Vetta, Specialized e Cat Eye, nei primi anni 90 hanno creato dei fari con luci alogene a attacchi manubrio specifici, alimentati a pile. L'illuminazione era ancora piuttosto scarsa, mentre il consumo di batterie era stellare. Era normale ritrovarsi al buio in pieno single-track, quasi senza preavviso. Dagli Stati Uniti hanno iniziato ad arrivare dei kit favolosi, in cui le batterie erano più grosse ed erano separate dal faro. Dovevi trovare qualche posto sul telaio per fissarle. La resa di questi fari era quasi pari a quella di una moto. Purtroppo, questi kit costavano un botto. Allora qualcuno ha inventato un sistema per fare tanta luce spendendo poco: un faretto dicroico da arredamento collegato a una batteria da ciclomotore, o da antifurto d'auto, che si ricaricava collegandola alla rete casalinga e che veniva piazzata nel portaborraccia. Luce spaziale, ma durata di circa tre ore, poi ciao. Le cose sono cambiate drasticamente con l'arrivo delle luci a led, che sono potenti e consumano poco. Però qua ci sono due correnti di pensiero. La più diffusa è quella di cheìi acquista i fari concepiti espressamente per le biciclette, che hanno una batteria interna ricaricabile, quasi mai sostituibile. Quindi bisogna sempre stare attenti al suo consumo. La potenza è regolabile, per cui conviene usarla al massimo solo in discesa. L'altra corrente è quella di chi ama le torce, che non nascono per le biciclette (anche se esistono gli attacchi manubrio adatti), costano pochissimo ma funzionano alla grande. Sono dei piccoli tubi di alluminio aeronautico, contenenti una piccola lampada a led e una batteria che, nella maggior parte dei casi, è la 18650 ricaricabile... e sostituibile. Anche qui la potenza è regolabile: al massimo dei lumen la luce dura tre ore, ma poi si può cambiare con una fresca, anche in pieno bosco. In generale comunque si tende ad abbinare la luce sul manubrio alla frontale fissata sul casco, per poter illuminare anche di lato. Ma non quando vi girate per parlare con gli amici, perché li accecate.

Fotocamere, smartphone

Se poi avete una fotocamera usatela, anche se può sembrare senza senso fotografare al buio. In realtà, se si riesce ad abbinare la luce del faro a qualche altro elemento le foto avranno senso. Il colpo di flash con la sola bici che si staglia dal nero più nero può sembrare suggestivo una volta, ma poi stanca: una foto così la puoi fare anche in garage. L’ideale è avere una fotocamera che lavori bene agli alti Iso (almeno 3.200) e che abbia un sensore bello grande (full frame, medio formato), inoltre si possono fare esperimenti, usando tempi lunghi e fotografando le scie, o provando la funzione “strobo” del flash. Ma siamo sinceri: quanta gente pedala con le fotocamere, oggi che ci sono smartphone abbastanza efficienti? Specie quelli che hanno la funzione notturna computazionale, che scatta tante immagini e poi, combinandole, ne ottiene una chiara. La qualità non è un granché, ma le fotocamere fighe non stanno in tasca.

5 regole per il nottambulo

1 - Vestitevi fluo! Anche se è una novità di questi ultimi tempi. Ma è utile sia in sella, sia una volta scesi dalla bici

2 - Mai sottovalutare i rischi, anche quando tutto sembra sotto controllo: non fate le notturne se siete già stanchi e poco riposati

3 - Attrezzatevi con fari vari da fissare alla bici, ma è utile portare sempre con sé anche una pila frontale, sia per le emergenze e le riparazioni, sia per cose banali tipo infilare la chiave nel blocchetto d’accensione!

4 - Lasciate detto che percorso state affrontando

5 - copritevi molto: anche d’estate la notte può essere subdola

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