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Islanda: 10 giorni in un paradiso giurassico

Dopo tanti viaggi in bicicletta, Cesare Morigi, aveva due desideri: pedalare in Islanda e farlo con Dino Lanzaretti. Nel 2022 li ha realizzati entrambi, nella stessa settimana, nello stesso stupefacente luogo. Quello che segue è il report dell'avventura in cui è stata scattata la foto che ha vinto il nostro Bikepacking Contest

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La zona dei muschi sulla F26, prima di Silurfoss.

Altre 10 persone come me condividevano questi due sogni. 10 sconosciuti. 10 persone incontrate per la prima volta il giorno della partenza per Reykjavìk. 10 cicloviaggiatori con cui condividere l’esperienza più incredibile della mia vita. Già, perché l’Islanda è un luogo assurdo. Questo non è il racconto del “giro” dell’Islanda. In questo viaggio le ruote lasciano presto il confortevole asfalto della trafficata Ring Road e puntano dritte al cuore di questa terra di ghiaccio e di fuoco. Durante i 700 km totali della traversata, metro dopo metro, quegli sconosciuti diventano amici, confidenti, motivatori.

Un proverbio islandese recita: “Se non ti piace il meteo islandese adesso, attendi cinque minuti: probabilmente peggiorerà”. Attraversare da Sud a Nord l’Islanda in bikepacking significa mettere alla prova se stessi. Assecondare la natura, non contrastarla. La pioggia è una compagna di viaggio, non un nemico da combattere. Il vento contrario rende ogni metro guadagnato una conquista. Non si pedala per arrivare ad un traguardo ma si vive l’avventura… E quando le cose si fanno complicate ti ripeti che la tua guida, Dino Lazzaretti, noto viaggiatore e organizzatore di avventure come questa, ha pedalato a -70 gradi in Siberia e che alla fine il freschetto dell’Islanda è quasi piacevole!

E allora si smonta la bici, si sgonfiano le gomme, si mette tutto dentro ad uno scatolone e si spera di ritrovare tutto intatto a Reykjavik! Si parte…

Sosta pranzo al camp allestito a Landmannalaugar.

MILANO-REYKJAVÍK

In realtà il viaggio non inizia il giorno della partenza, ma mesi prima. Per settimane si testa il set-up della bici, si sperimenta l’abbigliamento tecnico, si compra attrezzatura, si fanno prove di carico delle borse, si bilanciano i pesi e la partenza sembra sempre troppo vicina. La chat whatsapp del “Gruppo dell’Islanda” è tempestata di messaggi nei mesi antecedenti al viaggio. Consigli, pareri, e poi foto, video, audio… Il gruppo si conosce in aeroporto. Tutti sono tesi, chi più chi meno. Ognuno ha la sua storia. Chi fa il medico, chi il regista e chi ancora studia. Ci sono un padre e un figlio, ci sono marito e moglie. Ci sono due della stessa città che non si erano mai incontrati prima. Si ride e si scherza. Dino ci aspetta già là. Si decolla…

Dai 40 gradi di Milano si passa ai 12 di Reykjavík. La prima notte si dorme (poco) in ostello perché l’indomani la partenza è anticipata e le bici vanno montate prima di andare a letto. Alla luce della torcia frontale si assemblano le bici. Sembrano tutte intatte nonostante le poche attenzioni a loro riservate dal personale di terra dell’aeroporto…

La foto vincitrice del nostro Bikepacking contest: l'autore dell'articolo che state leggendo, Cesare Morigi con la sua Specialized Rockhopper 29 Iceland.

REYKJAVÍK – HELLA 92,3 km ↑534 m ↓526 m

Sveglia presto (per chi ha dormito!) e colazione abbondante. Piove. Fa freddo ma la voglia di mettersi in strada è fortissima. Sosta tecnica per comprare le bombolette di gas per i fornelletti che scalderanno i nostri pasti e si imboccare la Route 1 (la celebre Ring Road). Il vento è contrario e costante ma si pedala. La pioggia incessante. Capiamo subito che il nostro non sarà un approccio soft. Le blande salite sembrano passi dolomitici. Per ampi tratti addirittura le nostre bici vanno spinte. Le folate di vento sono troppo forti, dal cielo scende un muro di acqua. Sembra che l’Islanda ci stia respingendo…

Nel gruppo ci sono già i primi guai meccanici. Un portapacchi cede di schianto. Si prova una riparazione d’emergenza con fascette e cinghie. Sembra reggere… Arriviamo al primo campeggio dopo quasi 12 ore dalla partenza. Stanchi e infreddoliti mettiamo giù le tende. Troviamo uno spazio per far asciugare gli indumenti e a cena il morale è tornato altissimo. Si ride intorno al tavolo come vecchi amici. Ognuno ha tratto le proprie conclusioni da questa giornata. La mia lezione della giornata sull’abbigliamento è stata: less is more.

Prima strada sterrata appena usciti dalla Ringroad.

HELLA – VÍK 106 km ↑876 m ↓847 m

Anche il secondo giorno si apre con una pioggia lieve ma costante e 10 gradi di temperatura. Una maglia termica, una leggera e il guscio impermeabile. Tutto quello che è in più si inzuppa e il calore necessario a mantenere il comfort lo si sviluppa pedalando. Si procede sulla Ring Road per ammirare le splendide cascate di Seljalandsfoss e Skogafoss. L’Islanda, piano piano, ci sta accogliendo. La foto di rito al relitto dell’aero caduto sulla spiaggia di Sólheimasandur è d’obbligo. Alberto, la seconda guida oltre a Dino, con la sua reflex ci immortala come fosse un pittore, fissando le nostre emozioni in scatti che faranno da copertina a questo viaggio. La giornata si conclude a Vík, una doccia calda al campeggio e il solito momento conviviale della cena che è già una routine.

Foto di rito al relitto dell'aereo sulla spiaggia di Solheimasandur. Il 24 novembre 1973 un aereo C-117 dell'aeronautica militare statunitense sorvolava il ghiacciaio Vatnajökullcon 5 uomini a bordo in una missione di ordinaria amministrazione e controllo; ma, ad un tratto, i motori del velivolo cominciarono a perdere potenza. Gregory Fletcher, il pilota decise di atterrare non lontano dal villaggio di Vik. La manovra riuscì e tutto l'equipaggio si salvò.
 

VÍK – HOLASKOJ 81 km ↑ 867 m ↓ 547 m

È finalmente il momento di lasciare la Ring Road. Il sole ci scalda. Per qualche chilometro pedalo addirittura con i pantaloncini corti. Ci addentriamo nella vera Islanda. Da qui in poi non c’è più asfalto né villaggi. Una volta imboccata la strada sterrata che attraversa il parco del Landmannalaugar tra torrenti e colline verdissime ognuno procede in silenzio. La natura che si ammira non si può spiegare a parole e le foto non raccontano cosa significa pedalare su quelle piste. Neanche ci accorgiamo che piove di nuovo perché siamo in contemplazione di un paesaggio davvero incredibile dominato da muschi verdissimi a perdita d’occhio.

La solita cena cucinata col fornelletto e, quando chiudiamo gli occhi, ancora abbiamo impresse quelle vallate incontaminate che paiono fuori dal tempo.

Notte al camp allestito a Landmannalaugar.

HOLASKOJ – LANDMANNALUGA 40 km ↑ 686 m ↓ 434 m

È il giorno dei guadi. La pioggerella ci dà il buongiorno ma non importa perché oggi oltre alle ruote finiranno nell’acqua anche piedi, caviglie e ginocchia. Si attraversano ruscelli, torrenti e piccoli fiumi. È una gara a chi riesce a farli tutti in sella. I primi si percorrono cautamente per intuire la tecnica migliore, poi si affrontano velocissimi, quasi volando. Qualcuno si esibisce in cadute plastiche nonostante l’incoraggiamento dei compagni di viaggio. Le risate in gruppo sono l’unico rumore che si ode nel cuore dell’Islanda. Qua non ci sono auto. Alla fine della giornata i piedi sono anestetizzati ma nel pomeriggio ci aspetta una inaspettata, calda sorpresa…

Il campeggio somiglia ad un campo base dell’Everest e ci sono solo pochi gradi sopra lo 0. Dopo cena c’è il consueto momento di riparazione dei danni meccanici occorsi alle bici durante la giornata. Questa volta però il guasto è più serio e la manutenzione si protrae fino a notte. Una vera fortuna perché, una volta alzato lo sguardo da un deragliatore sgangherato, ecco lassù l’aurora boreale!

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Uno dei guadi in cui ci si imbatte ripartiti da Silurfoss.

LANDMANNALUGA – VERSALIR 77 km ↑ 731 m ↓ 726 m

Sveglia presto. La tenda è quasi ghiacciata. Oggi si sale sull’altopiano. È un paesaggio giurassico quello che si attraversa… Il sole illumina laghi turchesi dalle quali ci aspetta emerga un plesiosauro e, se in cielo apparisse uno pterodattilo, apparirebbe perfettamente normale.

Dopo una giornata assolata veniamo riportati alla normalità da una nuvola che ci obbliga a montare le tende in fretta e furia in mezzo al nulla più totale. “Sbrigatevi a montare le tende, prendete l’acqua da laggiù, infilatevi dentro la tenda e ci vediamo domani mattina!”. Queste le parole di Dino prima del diluvio. La tenda monoposto (per giunta con un palo riparato male la prima sera) mi obbliga a numeri degni di un escapologo per cambiarmi e per cucinare un pasto caldo. La cena è servita direttamente dentro al sacco a pelo stasera.

Fuori pioggia e vento sferzano la tenda fissata con un numero considerevole di pietre… Ci si addormenta rapidamente…

VERSALIR – NYIDALUR 56 km ↑ 451 m ↓ 272 m

La pioggia non ha dato tregua durante la notte. Smontiamo le tende mentre la pioggia va via via attenuandosi. La tappa di oggi ci porta su un altro pianeta. Non c’è più traccia di vegetazione. Il paesaggio è lunare. Si passa accanto a ghiacciai silenziosi e immensi. La bici è senza dubbio il mezzo ideale per godersi questo spettacolo. Alla sera l’accampamento viene montato in un luogo davvero suggestivo. Tocca a me fare manutenzione alla bici ma finisco che ancora c’è luce. Ho spaccato un raggio, ovviamente al posteriore, ovviamente dal lato del pacco pignoni. Smonto tutto con un attrezzo rudimentale e “fai da te” che suscita l’ilarità di Dino.

In tenda, mentre riguardo le foto della giornata, sono talmente stanco che chiudo gli occhi e il telefono mi cade in faccia. Capisco che è ora di dormire.

NYIDALUR – KIDEGIL 112 km ↑ 450 m ↓ 1.096 m

Sulla carta è una tappa tutta in discesa… Il risveglio muscolare è un lungo attraversamento di un fiume da effettuarsi con bici in spalla perché il livello dell’acqua supera il ginocchio. Una volta dall’altra parte agganciare di nuovo i piedi agli spd è una impresa, perché non hanno la minima sensibilità dopo il pediluvio ghiacciato. Quando le dita iniziano a risvegliarsi dal torpore è l’ora del secondo guado di giornata, più corto ma ugualmente freddo. Il Gps mi dice che sono in discesa ma sono a 11 km/h e sto pedalando come uno sprinter in volata. Il vento si è alzato ed è contrario. Mentre il primo giorno sembrava ci spingesse lontano dall’isola, questa volta la sensazione è quella che ti trattenga lì, nel cuore dell’Islanda. Il paesaggio cambia in continuazione e a poco a poco ritorna anche la vegetazione e le pecore tornano a movimentare il paesaggio. Lungo la via si fa sosta alle cascate di Hrafnabjargafoss e Ingvararfoss. Con un po' di tristezza si ritorna alla civiltà. La gioia di mangiare nuovamente in un ristorante qualcosa di diverso da buste liofilizzate però ci rende euforici. Stasera si dorme in tenda con la pancia pienissima.

KIDEGIL – FOSSHOLL 24 km ↑ 130 m ↓ 254 m

Si smonta la tenda per l’ultima volta. Si pedalano due dozzine di km per raggiungere le cascate Fossholl dove abbiamo appuntamento con un furgone con appendice per riportarci a Reykjavík evitandoci di pedalare nella trafficatissima Ring Road del nord.

Si ritorna all’ostello della prima sera dove gli scatoloni per imbarcare le bici sono lì ad aspettarci.

IL RIENTRO

L’ultima fatica che ci aspetta è quella di smontare le bici. Questa volta non dobbiamo più fare attenzione ai pesi dei bagagli perché il cibo lo abbiamo consumato tutto.

Sembra impossibile che siano trascorsi solo 9 giorni dalla partenza. Attraversare l’Islanda è una impresa straordinaria alla portata di uomini ordinari grazie anche al legame che tiene unito il gruppo in quel luogo magico. Si dice che il rugby sia un’ora e mezza di battaglia che può cementare amicizie per tutta una vita ma attraversare l’Islanda in bici non è certo da meno.

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