Parco di Montevecchia: addio al single track

Nuove modifiche al Regolamento di Fruizione del Parco di Montevecchia e Valle del Curone limiterebbero i bikers ad una strada ad anello, privandoli della possibilità di percorrere qualsiasi sentiero nel bosco. Una grande restrizione per un parco punto di riferimento per molti appassionati di mountain bike.

Foto scattata da Lorenzo Scarpellini: l'autore delle foto, e del pezzo, è un grande appassionato di mtb nonché assiduo frequentatore del Parco di Montevecchia

Addio single-track al parco di Montevecchia in provincia di Lecco. Niente più pedalate dentro ai boschi lungo i sentieri: alle mountain bike sarà consentito solo un percorso ad anello “per evitare criticità nei confronti dei pedoni”. Tutto il resto della rete sentieristica sarà vietata “ai ciclisti e ai cavalli”. La notizia è stata riportata dal giornale locale Merate Online: lunedì 10 maggio, durante la riunione del comitato dell’Ente Gestione Parco Regionale Montevecchia e Valle del Curone, sarebbero state approvate le modifiche al nuovo Regolamento di Fruizione. Entro un mese saranno individuati i sentieri consentiti, per poi essere approvati dal Consiglio di Gestione. A quel punto i biker potranno girare soltanto sulle strade agro-silvo-pastorali autorizzate, probabilmente con un percorso circolare, limitando notevolmente la pratica dell’attività all’interno del parco. Tutto il resto del parco, vietato.

Culmine di una battaglia in corso da anni contro i ciclisti

La notizia sta già facendo discutere sui social, ma più che una sorpresa è la temuta conferma di quello che i bikers frequentatori di queste zone da tempo temevano. Si tratta infatti dell’apice di un braccio di ferro con i ciclisti iniziato dall’Ente alcuni anni fa, attraverso l’introduzione di vari divieti. Secondo l’Ente sarebbe necessario favorire la frequentazione pedonale dei sentieri a discapito della pratica della mtb, ritenuta dannosa per l’ambiente, per l’incolumità degli escursionisti e "non in grado di valorizzare il territorio". Già nel 2018, quando erano state introdotte interdizioni alle biciclette (e ai cavalli) in circa il 10% di tutti i sentieri, il direttore dell’Ente Michele Cereda dichiarava, sempre su merateonline.it, che tutte le scelte erano volte ad andare incontro a chi sceglie di godere delle bellezze naturalistiche presenti sul territorio, in particolare di chi pratica “una camminata in contatto con la natura”. Per il direttore del Parco sembra quindi che chi pratica mtb non scelga di godersi le bellezze naturalistiche del territorio. Considerazione che non tiene assolutamente conto dell’ampia gamma di frequentatori del Parco. Lo stesso articolo prosegue facendo riferimento alle mountain bike come un problema in quanto il loro passaggio rovinerebbe il suolo, rendendolo particolarmente accidentato. Allora il problema è la comodità degli escursionisti o la preservazione ambientale? Non è molto chiaro. Il sentore è che dietro la tutela ambientale si nasconda la semplice intenzione di privilegiare un tipo di fruizione del Parco piuttosto che un’altra.

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Montevecchia e il parco che la circonda offrono bellissimi panorami (Foto di Lorenzo Scarpellini)

Le biciclette sono davvero un'emergenza?

Il 4 febbraio 2020, lo stesso sito di informazione locale di Merate, in un articolo dedicato all’ipotesi di introdurre un ticket di ingresso al parco, scriveva: “C'è poi il problema delle biciclette, soprattutto ora che ai numerosi appassionati della mountain bike si sono aggiunti coloro che praticano il downhill. Si tratta di attività che, comunque la si veda, finiscono per impattare sul... suolo.” Ma cosa significa impattare sul suolo? Qualsiasi attività impatta sul suolo e inoltre perché, secondo il regolamento del Parco, il passaggio di una bicicletta è accomunato a quello di un cavallo? E perché a piedi sarebbe meglio che in bicicletta? Nello stesso articolo si cita il Documento Unico Programmatico approvato proprio l’anno scorso (che però non troviamo online sul sito del parco), nel quale la presenza dei bikers figurerebbe come "un'emergenza", per via del sempre più massiccio uso delle biciclette a fini sportivi: dalla mountain bike all'ebike al downhill (termine di cui, come sappiamo, si abusa spesso). Sport che sarebbero non solo un problema per l’ambiente, ma anche un pericolo nei confronti dell’incolumità pubblica. Da qui la soluzione prospettata all'epoca di valutare un limite di accessi.

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Privare i bikers della possibilità di percorrere i sentieri cambierebbe completamente l'esperienza in mountain bike (Foto di Lorenzo Scarpellini)

Un'apocalisse per i bikers amanti dei sentieri

A distanza di un anno da questa notizia, la conferma dell’istituzione di un divieto totale di praticare la disciplina sui sentieri del parco sarebbe un duro colpo ai bikers della zona, che in particolare durante questi mesi di pandemia e restrizione agli spostamenti hanno trovato nel Parco uno dei pochi punti raggiungibili per trovare un pò di dislivello e single track, nonché un briciolo di libertà. Il Parco si trova a meno di 30 km dalla periferia di Milano e per questo non sorprende che in molti lo abbiano raggiunto anche durante i periodi di zona rossa e arancione senza bisogno di utilizzare l’automobile. È proprio in virtù dell’aumento della presenza dei bikers che è nata la proposta dell’Ente, il quale punta ad individuare i percorsi consentiti entro un mese e rendere il nuovo regolamento operativo il prima possibile. D’altronde se prima era già un' “emergenza”, adesso è un'apocalisse. Lo è per l'Ente Parco, ma anche per i bikers.

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