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Romagna Trail, un'avventura tra l'Appennino e il mare

Un percorso ad anello di 330 km che parte e finisce a Forlì attraversando alcune delle zone più iconiche della Romagna: San Leo, il Monte Fumaiolo, le Foreste Casentinesi, la Riviera. Il tutto in completa autosufficienza, in un clima non competitivo che tira fuori il meglio dei partecipanti e permette di godere il territorio

Nel cuore del Parco delle Foreste Casentinesi.

È passata poco più una settimana dalla quarta edizione del Romagna Trail, e mi mancano già i sapori, i panorami e le amicizie strette lungo i 330 km e 6.900 metri di dislivello che ci hanno condotto alla scoperta della regione. Stiamo parlando di un evento di bikepacking un-supported (non competitivo) in cui i partecipanti devono affrontare un percorso di più giorni in autonomia, senza ricevere alcun aiuto esterno. Dopo diversi anni passati a pedalare da solo o con un gruppo ristretto di amici, si è trattato della mia prima esperienza in un evento organizzato. Con me è venuto Alessandro Ioli che ormai ha all’attivo diverse gare di ultracycling a livello competitivo e pedaliamo insieme da almeno 4/5 anni. Quindi fin dal principio sapevamo che avrebbe dovuto aspettarmi.

Dovevamo vederci a Forlì a fine giugno ma l’alluvione ha costretto gli organizzatori a rimandare al 29 settembre e ri-tracciare buona parte dell’itinerario perché, come ci hanno raccontato, l’acqua si è portata via un sacco di sterrate, sentieri, se non interi versanti. È così che, rispetto ai più di cento iscritti a giugno, venerdì 29 settembre alle 8.30, alla partenza, eravamo circa una sessantina. Il percorso è duro ma ci vengono promessi grandi panorami e boschi selvaggi, a fronte di grandi sofferenze. Promesse che verranno mantenute, purtroppo entrambe. Nel complesso sarà un evento ben organizzato, con una traccia completa che ci condurrà attraverso borghi, colline, foreste ma buttando anche uno sguardo verso il mare, raccontando così tutti i volti della Romagna.

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I calanchi subito dopo San Leo.

Da Forlì al mare

Io e Alessandro arriviamo all'evento giovedì sera e veniamo subito accolti da Ulisse, uno degli organizzatori, con un sorriso gigantesco e tanta voglia di raccontarci il percorso. Fin da subito si percepisce lo spirito di amicizia, condivisione e passione che ha portato alla nascita di questa manifestazione. Dormiamo in tenda nel parco dove è stato allestito una sorta di campo base e venerdì alle 8.30 - dopo le foto di rito prepartenza - iniziamo a pedalare.

Usciti da Forlì si affronta una prima breve salita, Alessandro parte fortissimo stando davanti a tutti e io sono costretto (contro la mia volontà) ad aprire il gas per non lasciarlo allontanare troppo. Riesco a non perderlo e, in discesa, mi riavvicino, ci ritroviamo appena ricomincia il piano. Proseguiamo verso Cesena formando una carovana di 7/8 ciclisti mentre il vento contrario aumenta sempre di più. Tira praticamente sempre Ale, tira veramente come un matto, mentre io me ne resto in mezzo a questo gruppetto che si muove compatto per sfidare le folate, sperando di risparmiare un po' di gamba per le salite vere che inizieranno dopo 80/90 km. Da Cesenatico seguiamo tutta la costa fino a Rimini, dove arriviamo poco dopo mezzogiorno e dove decidiamo di fermarci a mangiare nei pressi del Ponte di Tiberio.

Uno degli spettacolari tramonti.

Due must: San Marino e San Leo

Dopo una lunga pausa di circa un ora e mezza, ripartiamo in direzione di San Marino, cioè verso la prima vera salita del percorso. Con già novanta km nelle gambe e la bici carica, è una salita tosta, abbastanza lunga e con qualche strappo duro per me. Verso le 17 arrivo appena fuori San Marino dove trovo un inaspettato ma gradito check-point con un piccolo ristoro. Qui mi sta aspettando Ale che è salito con il suo passo, ovviamente molto diverso dal mio… Affrontiamo quindi la prima discesa sterrata (facile) e la salita - a tratti asfaltata - che porta a San Leo. Mentre ci avviciniamo all’antico borgo il sole inizia a tramontare regalandoci un panorama da urlo. Insieme ad una ventina di partecipanti occupiamo un affittacamere. Anche con 130 km nelle gambe lo spirito di condivisione è più forte della stanchezza, sarà una bellissima serata. Mi ha fatto piacere in particolare vedere Ale - abituato a contesti decisamente più agonistici - apprezzare questa situazione rilassata dove si respira più amicizia che competizione.

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Pedalare con al fianco la visione suggestiva di San Leo.

Dove nasce il Tevere

L'indomani partono tutti di buona lena mentre noi ce la prendiamo un po' più con calma per fare qualche scatto. Dopo la discesa del Maioletto, con un panorama da cartolina ed una luce pazzesca, ci avviciniamo verso il tratto più intenso e duro di questo itinerario: una salita lunghissima verso la cima del Monte Fumaiolo, a 1.407 s.l.m , la più alta vetta dell' Appennino Cesenate, con pendenze ben oltre il 15% in diversi tratti. Per me è veramente dura, sono costretto a fare molto portage sia dove è strettamente necessario sia sulle sterrate più ripide e scassate, il tutto però è ripagato dalla bellezza di questo posto. Il Monte Fumaiolo non ha una vera e propria cima, in quanto tutto il monte è rivestito da un bellissimo bosco attraverso cui si inerpicano piccole sterrate e sentieri ripidi. È famoso perché in prossimità della sua vetta si trova la sorgente del fiume Tevere. Conclusa la salita, si affronta un breve tratto di rilassante discesa su asfalto prima di imboccare nuovamente lo sterrato e attraversare un bellissimo pascolo in quota. Poi ci s'imbatte in una discesa su un sentiero piuttosto tecnico dove, soprattutto con la gravel, bisogna fare attenzione. In tutto questo tratto è costante la presenza di cancelli per i pascoli da aprire e chiudere; a fine giornata saremo scesi dalla bici una decina di volte.

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Altro passaggio del tratto più tecnico dell'itinerario, "il Chiodo".

Lo spettacolo delle foreste

Dal sentiero si passa a una larga sterrata facile - sempre in discesa - mentre il sole sta calando dietro l’orizzonte e il cielo sta per regalarci un altro tramonto mozzafiato.

Alla fine della discesa, arriviamo a San Piero in Bagno, dopo “solo” 70 km e 2.100 metri di dislivello (il giorno prima ne abbiamo macinati quasi 130).

La mattina del terzo giorno partiamo alle 7 per l’ultima salita lunga di questo Trail, che ci condurrà nella zona delle Foreste Casentinesi, iniziando così a chiudere il nostro anello verso Forlì. Una ripida strada asfaltata, dopo qualche km, lascia il posto a una sterrata permissiva che si immerge in un fitto bosco mantenendoci al fresco, anche se ormai il sole inizia ad essere alto nel cielo e la temperatura sta rapidamente aumentando. Proseguiamo immettendoci in una larga strada asfaltata a due corsie e concludiamo la salita al Passo dei Mandrioli, a 1.173 s.l.m. Dopo uno o forse due km di discesa entriamo nel cuore del Parco delle Foreste Casentinesi, il bosco più bello che abbia mai visto in Italia. Da qui in poi tanta discesa sterrata facile e divertente. Quando butto l’occhio sul ciclocomputer vedo anche 50/55 km/h. D’altronde, se dobbiamo finire entro le 22.00 di stasera, la mia unica opzione è andare un po' forte in discesa, visto che qui me la cavo, mentre le salite dure le soffro abbastanza. Alessandro va più forte di me anche in discesa.

Procediamo verso le Foreste Casentinesi.

Il tratto più tecnico

Per pranzo arriviamo a Santa Sofia dove sono costretto ad abbandonare la mia "framebag" perché ormai entrambe le zip hanno ceduto. Da qui si risale nuovamente su strada asfaltata prima e sterrata dopo, fino all’inizio di una zona abbastanza insidiosa e la più tecnica, “Il Chiodo”, dove il portage è necessario sia in alcuni tratti di salita sia per un tratto di discesa.

Raggiunta Galeata, ci fermiamo per una piadina. Da qui si fa qualche km di strada provinciale perché l’alluvione ha compromesso il percorso originale e poi si affronta una salita, breve ma letale. A questo punto della giornata - quando il sole sta per tramontare per la terza e ultima volta su questo Romagna Trail - e il dislivello nelle gambe inizia a essere considerevole, devo dare tutto. Arriviamo alla fine della salita, accendiamo le torce e affrontiamo una breve discesa per raggiungere l’ultimo crinale prima di planare in discesa e poi solo pianura. Inizio ad essere stanco ma non bollito e, ogni tanto, avviso Ale che sono ancora vivo. Conquistiamo la fine dell'ultima rampa che ormai intorno a noi è buio pesto e una gigantesca luna rossa domina il cielo sopra le colline della Romagna. È un momento di assoluta fatica e stanchezza ma anche di incredibile bellezza, un connubio che solo il ciclismo ha saputo regalarmi in questi anni e per cui ogni volta mi dico “ne vale davvero la pena di essere qui, ora”.

Stiamo scendendo quando mi squilla il telefono. È Ulisse che mi chiede come va, visto che ormai mancano meno di un paio d’ore alle 22.00. “Stiamo arrivando” gli rispondiamo. Gli ultimi chilometri di pianura per arrivare a Forlì li facciamo veramente a cannone e, quando arriviamo al Parco, purtroppo se ne sono andati tutti gli altri partecipanti, ma Ulisse, Filippo e Nicoletta sono lì ad accoglierci come degli eroi. In effetti così ci sentiamo per aver concluso questo giro tosto in tre giorni. Nel nostro piccolo, domenica scorsa, siamo stati tutti dei vincitori.

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L'ultima salita al buio.

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