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Sellaronda: il grand tour all'ombra delle Dolomiti

Il percorso turistico del Sellaronda è un grande classico per gli appassionati di grandi scalate in bici, che si può affrontare quando si vuole durante l'anno ma, in occasione dell'evento dedicato, il Bike Day, è possibile pedalare su alcune delle più belle strade delle Dolomiti in totale assenza di traffico

La pendenza aumenta verso il Passo Gardena (2.136 m).

Le Dolomiti coprono un territorio davvero ampio che va dal Friuli al Veneto, al Trentino-Alto Adige. Al suo interno ogni provincia rivendica a modo suo di possedere “il cuore” di quest’area montuosa che, per la sua bellezza, attira turisti da tutto il mondo: la verità è che queste montagne sono tutte diverse tra loro e ugualmente meravigliose. Ma quando si parla di Dolomiti a un ciclista, o anche a un motociclista, la sua mente facilmente corre a una specifica strada fatta di salite e discese, tornanti disegnati col compasso e rettilinei che invogliano a mollare i freni; una strada che, metro dopo metro, apre la vista su paesaggi fatti di fragili guglie, pareti verticali, ghiaioni e, più in basso, su foreste di conifere e alpeggi di alta quota. Parliamo del Sellaronda, ossia la strada che circonda il Gruppo del Sella, massiccio che ha come cima più elevata il Piz Boé (3.153).

Il giro completo del Sella è un anello di 53 km che si snoda attraverso le valli attorno al massiccio, restando costantemente in vista delle sue imponenti balze rocciose, nonché delle altre cime dolomitiche circostanti. Non fatevi però ingannare dalla parola “valli”, dal momento che il percorso attraversa ben 4 passi, che ovviamente bisogna guadagnarsi scalando altrettante salite, da sempre considerate croce e delizia dei ciclisti: Passo Campolongo (1.875 m), Passo Gardena (2.136 m), Passo Sella (2.218 m), Passo Pordoi (2.239 m), tutti nomi che richiamano alla mente le tappe più epiche del Giro d’Italia. La somma del dislivello necessario a valicare i 4 passi si aggira sui 1.650 metri. Siamo nel cuore della civiltà ladina - si osservi la segnaletica con i toponimi scritti in due lingue - la cui popolazione, assieme all’italiano e al tedesco, parla appunto il ladino, antica lingua romanza originata dal latino romano antico, plasmato poi grazie a influenze retiche e celtiche.

La discesa verso Arabba.

Un giorno speciale

Premesso che durante la bella stagione ogni giorno è buono per incontrare ciclisti lungo il Sellaronda, noi ne abbiamo approfittato per andarci in un momento in cui la strada è chiusa al traffico motorizzato, ovvero in occasione del Sellaronda Bike Day, uno dei più spettacolari eventi di questo genere (leggi il nostro precedente articolo sui Bike Days qui), talmente partecipato da indurre l’organizzazione a stabilire ogni anno due date, la prima in giugno e la seconda in settembre. La località presso cui iniziare e concludere il “giro dei 4 passi”, a seconda della propria provenienza geografica, può essere indifferentemente Corvara, Selva in Val Gardena, Canazei, Arabba. Per noi provenienti dalla Pianura Padana l’accesso al percorso più vicino è Arabba (1.601 m), dove sabato 16 settembre abbiamo iniziato a pedalare verso le 9.30, indossando le maniche lunghe sotto una grigia coltre di nuvole che non lasciava molte speranze in quanto a visibilità. La salita verso il Passo Campolongo (1.875 m) non è particolarmente impegnativa, a patto di non partire “in quarta”, visto che da Arabba si inizia subito la "scalata" senza potersi riscaldare gradualmente. Arriviamo quasi senza accorgercene al valico e, mentre ci vestiamo per affrontare la discesa, scorgiamo il sole spuntare sopra Corvara, nostra prossima meta. Man mano che scendiamo veloci verso la "capitale" dell'Alta Badia, lungo un nastro d’asfalto che sembra velluto, il nostro umore cambia radicalmente grazie alle ampie schiarite che ci lasciano finalmente godere del panorama. L’arrivo alla cittadina (1.555 m), adagiata in una conca verde sovrastata dalla cima del Sassongher, è preceduto da una sequenza di 11 tornanti che definire divertenti è assai riduttivo. Dopo la sequenza di pieghe sull’asfalto attraversiamo il centro di Corvara e voltiamo verso Ovest in direzione del Passo Gardena (2.121 m), passando prima per Colfosco. La strada sale dapprima sul fondo ombreggiato della valle, fiancheggiata a sinistra da pareti a strapiombo, poi si inerpica lungo 16 tornanti da cui si gode una vista magnifica.

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Corvara, il centro più grande dell'Alta Badia (1.568 m).

Lungo la salita superiamo un signore in pantaloni lunghi con il doppio risvolto, su una vecchia bici da corsa anni 70 dotata di parafanghi, vissuta ma in ordine. Osservo che il più grande dei suoi pignoni è pari a uno medio dei miei (come farà in salita?!), e mi porto istintivamente la mano al frontino del casco in segno di saluto e di rispetto, poi vado oltre. Sul passo incontriamo la prima vera ressa di ciclisti, fermatisi dove capita e intenti ad asciugarsi al sole e rifocillarsi dalla fatica della salita. Contribuiamo anche noi, a modo nostro, ad aumentare il coloratissimo ingorgo, poi indossiamo nuovamente l’antivento e superiamo il valico, godendo del panorama che dall’altro versante si estende verso la Val Gardena e trovandoci innanzi la maestosa silhouette del Sassolungo. Giunti al bivio che porta giù in Val Gardena (a circa 1.900 m) ci teniamo sulla sinistra e, con un rapido cambio di pendenza e gambe dure, iniziamo a risalire in direzione Passo Sella (2.240 m). È questo il tratto con il minor numero di tornanti (uno) ma con una vista strepitosa sul massiccio del Sassolungo e Sassopiatto a destra, e sulle Torri del Sella che fanno da traguardo all’ultimo pezzo di strada prima della sella. Il cielo è sempre più sgombro dalle nuvole, l’umore è altissimo e, al termine di una salita non particolarmente impegnativa, attraversiamo sorridenti il nuovo capannello di ciclisti fermi sul valico, con bici alla mano, per poi lanciarci nella discesa sull’altro versante con - stavolta sì -numerosi tornanti, fino ad incrociare la strada che sale da Canazei. A ogni cambio di pendenza ci prendiamo i nostri tempi per vestirci–svestirci secondo il percorso che ci aspetta. Eccoci di nuovo in maniche corte per l’ultima arrampicata del giorno che, con 14 tornanti e un po’ più di 400 m di ascesa, ci porta in cima al Passo Pordoi (2.239 m). Un po’ di rigidezza alle gambe si fa sentire. Lungo gli ultimi tornanti vediamo ciclisti sdraiati a prendere il sole e bere una birra, grazie a un baracchino ambulante che, arrivando da sotto, sembra un’oasi nel deserto. Su al passo il panorama è maestoso, con il Sass Bece sulla destra, mentre a sinistra domina il Sass Pordoi e l’imponente banco roccioso che sta alla base del Piz Boè. E con questo possiamo proprio dire di aver fatto quattro passi, ma non è ancora finita: ci prepariamo infatti a gustarci il dessert del giorno, ossia la strada che dal Passo Pordoi scende ad Arabba, località da dove siamo partiti stamattina. La valle in cui scendiamo è molto ampia e contornata dalle montagne descritte poc’anzi, e la strada, ricavata sul suo lato destro orografico, sembra una pista. Ci lanciamo in discesa che sembriamo dei bambini (ma non solo noi…): la prima parte comprende lunghi rettilinei che inducono a ricercare le pose aerodinamiche più improbabili, poi ha inizio il carosello dei tornanti (mi pare di averne contati 35), curve e controcurve di buon asfalto sulle quali azzardiamo pieghe da circuito del Mugello. A uno dei tornanti mi fermo all’esterno per godermi il passaggio in piega delle varie bici, e annoto i differenti suoni che fanno: la MTB con i copertoni tacchettati sembra una moto da enduro, la specialissima in carbonio con la ruota libera rumorosa sembra una “racola” (o “raganella”), poi ci sono i fischi in varie tonalità e accordature dei freni sulle corsa anni 90, più il cacofonico sferragliamento di freni a disco mai revisionati. Che spettacolo! Vorremmo rifarla di nuovo ma… quattro passi sono più che sufficienti.

I 24 tornanti in discesa dal Passo Pordoi.

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