a cura della Redazione - 18 September 2023

Fotoritocco: non è una finzione

I programmi utili per "migliorare" le nostre foto non falsificano gli originali ma ne salvano alcune informazioni non acquisite dal sensore della nostra macchina

Una frase che un fotografo si sente spesso dire è : “Ma tu usi Photoshop! Non vale, così son capaci tutti di fare belle foto”, presupponendo che con il fotoritocco si vada ad alterare, se non falsificare, una fotografia. Questo non è esatto. O meglio, dipende dall’etica che ogni fotografo mette nel lavoro di post-produzione. Ciascuna foto può, o deve, essere migliorata. Il principio di base è andare a recuperare quelle “informazioni” che vengono perse nel processo di acquisizione dell’immagine da parte della fotocamera, che ha dei limiti ben precisi. Il sensore (così come la vecchia pellicola) riesce ad acquisire una gamma dinamica ben inferiore a quella del nostro occhio. Parliamo dell’intervallo di luminosità che un dispositivo è in grado di rappresentare, dalle luci molto chiare alle ombre molto scure. Quante volte vi è capitato di scattare una foto ad un paesaggio mozzafiato, magari al tramonto, senza ottenere assolutamente la bellezza di quel momento? Il cielo troppo chiaro, bruciato, con i soggetti troppo scuri, in ombra. In una situazione del genere, l’occhio umano riesce a percepire correttamente le diverse situazioni di luce, il sensore della fotocamera no. C’è da specificare che ogni sensore ha una gamma dinamica ben diversa dagli altri e, in generale, più è grande il sensore, maggiore è la gamma dinamica. Queste sono le situazioni dove le reflex e le mirrorless fanno una differenza enorme rispetto alle compatte e agli smartphone. Con il fotoritocco si possono ottenere le corrette esposizioni per ogni parte dell’immagine ed avere una fotografia che rispecchia quello che avevamo visto con i nostri occhi. Al momento dello scatto, è preferibile regolare l’esposizione corretta sulle alte luci, perchè è più facile recuperare dettaglio sulle ombre, in postproduzione; oppure scegliere un'esposizione di compromesso. Molte fotocamere hanno la possibilità di scattare immagini in HDR (High Dynamic Range), ovvero riescono a sovrapporre tre scatti automatici simultanei, uno sottoesposto, uno sovraesposto e uno con un’esposizione intermedia. Da ognuno di questi tre, vengono prese le parti di immagine più corrette, secondo la fotocamera, che vengono fuse in un’unica foto. Sembrerebbe l’uovo di Colombo, ma funziona solo con soggetti immobili, e poi l’immagine risulta artificiale, finta. Questo perchè le immagini HDR partono da fotografie già compresse nel formato JPEG, che perdono gran parte delle “informazioni” che servirebbero. Per avere i migliori risultati col fotoritocco, è bene scattare nel formato RAW, che mantiene tutte le informazioni che ci servono. È la stessa differenza che esiste tra una canzone in qualità WAV di un CD audio, rispetto alla stessa compressa in formato MP3. Non ci limiteremo a correggere l’esposizione, nel fotoritocco ”etico”; la nostra immagine la possiamo ritagliare a piacimento, raddrizzare, eliminarne macchie, correggere e regolare valori basilari come Contrasto, Luminosità, Saturazione, Nitidezza, Temperatura colore. Ci sono moltissimi programmi di fotoritocco, per computer ma anche per smartphone. Anche Google ha sviluppato la sua Nik Collection, completamente gratuita. I prodotti Adobe, come Photoshop e Lightroom, sono i più conosciuti e permettono elaborazioni estremamente evolute e sofisticate, che entrano nel campo del fotomontaggio. Stanno nascendo sempre più corsi e scuole dedicate. Non fatevi ingolosire troppo dai famosi “filtri” che propongono di migliorarvi le foto in automatico. Se l’effetto può risultare simpatico e divertente per i social network, è deludente sotto il profilo della gamma dinamica.

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