Celestino Vercelli, una vita a spingere sui pedali
Scarpe e ciclismo: passioni e soddisfazioni
Nella mia vita ho avuto due grandi passioni: l’industria calzaturiera e il ciclismo. E, per fortuna o per destino, entrambe mi hanno ricambiato dandomi grosse soddisfazioni. I miei antenati lavoravano già in questo settore alla fine dell’Ottocento, quando fare il calzolaio voleva dire essere un vero maestro artigiano che confezionava a mano e da zero qualunque tipo di scarpa.
Come agonista del pedale ho iniziato la trafila nelle giovanili – sono del 1946 – poi nei dilettanti e, infine, sono approdato al mondo professionistico nel 1969, restandoci fino al 1978.
Il primo anno ho anche colto un podio alla Tirreno-Adriatico – terzo alla cronometro – e poi mi sono sempre dedicato anima e corpo ai miei capitani. Dicono che fossi un ottimo e fedele gregario.
Sicuramente non ero un campione ma, col senno di poi, avrei potuto fare meglio, gareggiare alcune volte per me stesso e vincere di più.
L'incontro con Eddy Merckx
Gli ordini di scuderia spesso mi impedivano di provare a “fare la mia gara” e, in un paio di occasioni, ci sono state corse praticamente già vinte non portate a termine per pura sfortuna. Avevo anche il mio fan club personale, che inizialmente comprendeva gli amici più cari e poi tutto il paese in cui vivevo (con quelli limitrofi), che tifava per me: avrei voluto dare loro maggiori soddisfazioni. Questo forse è il mio rammarico più grande anche se, devo ammettere, si tratterebbe solo della classica ciliegina sulla torta. E la mia torta è stata molto dolce: sette Giri d’Italia, due Tour de France, un sacco di classiche, la stima di colleghi e avversari.
Pochi giorni fa è venuto a trovarmi
in azienda Eddy Merckx e, davanti
a un buon bicchiere di vino, di ricordi
ne abbiamo rievocati parecchi.
Eddy era fortissimo, ma la sua squadra era tale da far uscire il campione che era in lui: gregari che sarebbero stati capitani in molte altre squadre. Un po’ come accade oggi per Chris Froome.
La seconda vita da imprenditore
Terminata la mia carriera agonistica, ho sfruttato abilità e conoscenze e ho convogliato i miei due mondi nell’azienda che ancora oggi dirigo (ora con il fondamentale aiuto di mio figlio Edoardo). Sono stato il primo a inventare una lamina rigida con nervature da porre tra le due suole in cuoio, per rendere rigida la scarpa da ciclismo. L’avvento del nylon prima, e del carbonio poi (hanno sostituito il cuoio), ha reso le calzature per ciclisti ancora più performanti – tutt’ora utilizziamo entrambi questi materiali, a seconda della tipologia di scarpa da realizzare.
Alla fine degli anni ’70 eravamo già conosciuti a livello internazionale: mi ricordo che la Fiera di Milano era la meta preferita degli stranieri che venivano a scoprire l’artigianalità italiana in fatto di ciclismo a tuttotondo (l’avvento delle macchine non aveva del tutto offuscato la maestranza realizzativa). Ero talmente sommerso dalle richieste che spesso lasciavo in fiera i miei collaboratori e tornavo veloce in fabbrica per iniziare la produzione. Continua...