di Alberto Zampetti - 18 July 2022

Seconda settimana al Tour de France: la gara dalle mille sorprese

La corsa francese ha vissuto una seconda settimana scoppiettante e piena di colpi di scena. Alla vigilia dei Pirenei tutto è ancora possibile e il traguardo finale di Parigi, paradossalmente, è sempre più lontano.

La seconda settimana del Tour, quella delle Alpi, si apre con lo sloveno Tadej Pogačar in maglia Gialla davanti al danese Jonas Vingegaard. Tadej - forte del pronostico che lo vuole vincitore annunciato a fine corsa e, soprattutto, forte di una prima settimana interpretata in modo sbarazzino e senza timori di sorta - appare a tutti così saldamente padrone della corsa francese da far passare in secondo piano che, in realtà, i due sono staccati di soli 39 secondi: un’inezia davanti a tappe di montagna dove i ritardi potrebbero misurarsi con la sveglia.

Tappa 10: Morzine Les Portes du Soleil / Megève, km 148,1

La tappa di Megève è un antipasto delle Alpi. Frazione impegnativa, ma non impossibile: non dovrebbe succedere nulla di eclatante. Invece Pogačar inizia a perdere i pezzi, con Laengen e Bennet esclusi dalla corsa in quanto positivi (al Covid, non all’antidoping).

La tappa registra uno splendido tentativo di fuga di Alberto Bettiol, ostacolato da un gruppetto di attivisti che costringe l’organizzazione a fermare la corsa. La tappa va al compagno di squadra Magnus Cort Nielsen, con Pogačar che sul traguarda piazza un ulteriore scattino, giusto per far vedere chi comanda.

Tappa 11: Albertville - Col du Granon Serre Chevalier, km 151,7

Consumato l’antipasto, si passa al primo. Anzi alla prima vera tappa di montagna, una frazione tagliagambe che prevede, nell’ordine, Lacets de Montvernier, l’accoppiata Télégraphe/Galibier (punto più alto del Tour) e la terribile ascesa finale al Col du Granon di Serre Chevalier: fate i vostri giochi.

E la Jumbo Visma li fa bene. Perfidi e calcolati. Con una tattica tutta d’attacco, sul Télégraphe riesce a isolare Pogačar, per poi attaccarlo a ripetizione sul Galibier. Tadej, generoso e battagliero, risponde a ogni affondo con una sicurezza disarmante, ma in realtà si sta cuocendo a fuoco lento. Se ne rende conto e, poiché la miglior difesa è l’attacco, proverà egli stesso a contrattaccare la corazzata Jumbo in versione da guerra.

Riuscirà a far fuori Roglic, ma la spesa richiesta è enorme. Il conto sarà salatissimo: sulle micidiali rampe del Granon, a Vingegaard basta un allungo per capire che Pogi ha finito la benzina. Il danese insiste, recupera via via i fuggitivi e vince la sua prima tappa al Tour.

Si prende la Maglia mentre Pogačar si prende, per la prima volta in carriera, una cotta di proporzioni bibliche. Un ribaltone epico, di grandissimo spettacolo (per i tifosi), alla faccia del vincitore annunciato.

Tappa 12: Briançon - Alpe d’Huez, km 165,1

La seconda tappa di montagna arriva in cima all’Alpe d’Huez, dopo aver scalato di nuovo il Galibier (ma dall’altro versante) e la Croix de Fer. Eroi di giornata sono gli inglesi Thomas Pidcock (che vince la tappa) e Chris Foome (quattro Tour in saccoccia), di nuovo davanti dopo il gravissimo infortunio al Delfinato 2019.

Per il resto, calma piatta (beh, mica tanto, visto il profilo altimetrico): succede poco sull’Alpe d’Huez: Pogačar tenta un paio di scatti e sono rasoiate, ma poco profonde, forse più per onor di firma, forse più per dimostrare di aver assorbito la botta del Granon in attesa di nuove legnate sui Pirenei.

Tappa 13: Le Bourg d’Oisans - Saint Etienne, km 192,6

La vera guerra, infatti, riprenderà sulle salite del Sud nella terza settimana. Le tappe che seguono, infatti, sono frazioni da battaglia di giornata, da fugoni dell’impossibile. Anche se, a dire il vero, c’è sempre il rischio e la possibilità di un’imboscata improvvisa a sconvolgere i piani alti della classifica.

Si va dapprima a Saint Etienne attraverso il Massiccio Centrale, un continuo su e giù che alla fine significa quasi duemila metri di dislivello, affrontati da subito alla morte per riuscire a sganciare una fuga.

Senza dimenticarci che, a corollario, fa un caldo da graticola. Vince il danese Mads Pedersen (però...’sti danesi!) senza troppe storie sui compagni di avventura.

Tappa 14: Saint Etienne - Mende, km 192,5

Da Saint Etienne si prosegue per Mende con un percorso nervoso che prevede a ridosso dell’arrivo i tre chilometri al 10% della Côte de Croix Neuve, meglio nota nel gruppo come “Monté Laurent Jalabert”, per ricordare la vittoria di tappa del francese a Mende, durante il Tour del 1995.

Tutto secondo previsione: fuga davanti e la Maglia Gialla dietro con il suo squadrone a controllare. Alla fine l’australiano Michael Matthews ha la meglio su uno splendido Alberto Bettiol, arrivato a un passo dal colpaccio.

Tappa 15: Rodez - Carcassonne, km 202,5

La seconda settimana si conclude a Carcassonne con una tappa lunga ma abbordabile, dove non dovrebbe succedere niente. Ma al Tour succede sempre qualcosa e quindi ecco il patatrac: Roglic, gregario di extralusso della Maglia Gialla, non prende il via da Rodez. I postumi della caduta alla quinta tappa sono ancora troppo evidenti ed è già stato un miracolo arrivare fin qui. Poi parte la gara ed è un nuovo patatrac con Van Aert che si arrota con il compagno Steven Kruijswijk: la Maglia Verde riparte, l’olandese - che era già caduto tre giorni prima per colpa di un tifoso che non ha trattenuto il proprio cane - termina il suo Tour sull’ambulanza (lussazione della spalla).

Meno due: anche Vingegaard perde i pezzi. E rischia grosso, perché pochi chilometri più avanti è la stessa Maglia Gialla a finir per terra insieme al compagno Tiesj Benoot, in una giornata da incubo per la formazione olandese. E per fortuna che non doveva succedere niente...

Arrivo a ranghi compatti con Jasper Philipsen che brucia sulla fettuccia Wout Van Aert (secondo per la quarta volta) e Mads Pedersen. E ora si va sui Pirenei con Vingegaard al comando con 2’22” su Pogačar. E attenzione a quel vecchio volpone di Geraint Thomas, terzo a 2’43”, che nella terza settimana ha sempre fatto bene. Tra i due litiganti...

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