di Davide Mazzocco - 30 January 2023

Mobilità, cosa fare per cambiare mentalità

Nel libro “Cambiare mobilità, cambiare mentalità” la proposta di Antonio Consiglio per cambiare la mentalità di chi si muove su due ruote

Come cambiare mentalità a una società a maggioranza autocentrica? Il tema è stato al centro di un incontro che si è svolto sabato 28 dicembre al Cecchi Point di Torino e che ha avuto come protagonista lo psicologo Antonio Consiglio, autore del libro Cambiare mobilità, cambiare mentalità (Fabbrica dei Segni Editore), accompagnato da Elisa Gallo, presidente di Fiab Torino Bike Pride.

“Una ventina d’anni fa quando studiavo a Padova e tornavo nella mia città, Bisceglie, vivevo una forte dicotomia: al nord vedevo persone di ogni età, genere e classe sociale muoversi in bicicletta, al sud le due ruote erano bici sgarrupate, con una cassetta legata al portapacchi, e utilizzate perlopiù da contadini ed extracomunitari” ha spiegato Consiglio identificando in questa comparazione la genesi del suo interesse per gli aspetti psicologici legati al traffico e alla mobilità.

“Partecipando a convegni sulla mobilità leggera all’estero ho constatato come il focus degli esperti sia quasi sempre su aspetti ingegneristici e più raramente su quelli psicologici eppure questi ultimi sono fondamentali. Noi attingiamo costantemente a quella che è la nostra cultura di riferimento e ne replichiamo gli schemi nel nostro modo di agire. Nonostante ciò il cambiamento è sempre in atto: negli ultimi anni siamo diventati più veg, più bio, abbiamo comprato più SUV, ridotto le nostre cuffie a semplici auricolari e iniziato a fare weekend all’estero con i voli low cost. Quindi il cambiamento è possibile e quando noi agiamo personalmente o collettivamente per ottenerlo dobbiamo chiederci se la nostra azione dia o no un contributo alla causa che stiamo sostenendo” ha aggiunto Consiglio.

Secondo l’autore di Cambiare mobilità, cambiare mentalità l’attivismo deve operare su idee che siano pensabili, porsi obiettivi molto concreti e agire in maniera ridondante e non episodica: “Immaginiamo di organizzare una biciclettata, ma di non riuscire a tradurre politicamente quella partecipazione in azioni concrete. L’azione non avrà fatto altro che sottolineare l’aspetto ludico legato alla bicicletta e non l’importanza di questa come mezzo di trasporto. Occorre, dunque, prestare molta attenzione perché un’azione sbagliata non è uguale a un’azione non fatta. Se noi organizziamo un Piedibus male, l’operazione si guadagna la sfiducia delle persone e diventa controproducente”.

Nel suo libro Consiglio fornisce alcune strategie per efficientare tanto gli sforzi del singolo (attivista, politico, legislatore) quanto quelli delle comunità: “Teniamo sempre presente – conclude – che noi viviamo dentro i retaggi dei commenti altrui. La transizione dalla mobilità automobilistica a quella ciclistica è ostacolata dal fatto che prendere la patente rappresenta un rito di passaggio e il possesso di un mezzo a motore un traguardo di vita da raggiungere. È a questo immaginario che dobbiamo creare un’alternativa”.

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