27 May 2014

Un pellegrinaggio dove l'Airone spiccò il volo

Doveva essere una gita domenicale in bicicletta, ma l'epilogo ha assunto i toni di un viaggio mistico, nelle terre ciclisticamente sacre di Fausto Coppi. Perché anche se non l'abbiamo conosciuto, per gente come noi quel nome è la sintesi di una storia, anzi no, della storia. La nostra (di Carlo Brena)

Un pellegrinaggio dove l'airone spiccò il volo

Non sono amante dei pellegrinaggi, forse perché a undici anni mi portarono a Lourdes e tornai a casa con una sensazione angosciante di dolore diffuso.
Tuttavia riconosco che il viaggio verso una meta piena di speranza e di aspettative, abbia un qualcosa di mistico, persino di ascetico. La partenza come attesa, il viaggio come sofferenza, il traguardo come sollievo. Un tempo era a piedi, rigorosamente a piedi, come se la pena da espiare si cancellasse passo dopo passo, e il pellegrinaggio moderno vale anche per chi intraprende l'itinerario in bicicletta, con la penitenza da estinguere pedalata dopo pedalata.

Verso sud

Per esempio domenica scorsa, con un gruppo di cinque, come chiamarli, pellegrini?, siam partiti all'alba con destinazione Castellania, il paese natale di Serse e Fausto Coppi. Centosessanta chilometri, di cui 150 di pura pianura, regno della noia, delle andature in fila indiana, delle buche da evitare all'ultimo, delle macchine appena pulite all'autolavaggio che ti sfiorano il gomito sinistro. Da Bergamo giù verso Dalmine, Cassano, Rivolta d'Adda, Melegnano, paesi della bassa, dove l'unica salita è un cavalcavia qua e là. Ad accompagnarci una brezza mattutina, laterale, che piega leggermente i fili d'erba accanto alla strada. Per gente di montagna come noi, lo sguardo che si perde all'orizzonte può causare disorientamento, crisi d'ansia da quota, perdita di equilibrio caratteriale. Guardi i rapporti, la corona piccola soffre, il pignone dietro si annoia: vorresti consolare il 38x26 perché si sente superfluo. «Buoni, vedrete che tra un po' vi uso tutti quanti a voi altri...».

A Pavia è tempo di una sosta caffè, che io impongo al gruppo e che deve essere rigorosamente nel centro storico, tassativamente seduto a un tavolino in piazza e baciato dal sole. «Tre marocchini, due caffè e un tè al limone, per favore» una ordinazione veloce, non come il pit stop che dura, ça va sans dire, un po' più del previsto. Due chiacchiere, una battuta, quel centinaio di selfie e si riparte. 

E dopo il caffè di metà mattina...
Più lasciamo Pavia alle nostre spalle e più il paesaggio davanti a noi si alza. Sullo sfondo prendono forma mielate colline disegnate con tutti i pastelli verde dell'astuccio. Un cartello ci avverte: state entrando nell'Oltrepo Pavese. Sembra una minaccia. Procediamo. A destra c'è Voghera e la sua casalinga, ma non ce ne occupiamo. Sfioriamo Tortona e i nomi dei paesi diventano simpatici anagrammi: Baracca, Case Leardi, Cerreto Bue, Costa Vescovato. Qualche ciclista qui e là, un cenno con la mano per salutarsi. La strada inizia a ondularsi, leggeri su e giù, e le gambe depilate e già abbondantemente abbronzate di Paolo non resistono alla tentazione di conquistare GPM virtuali. Marivanna tenta più volte la fuga, ma viene risucchiata dal gruppo. Fiorenza è sorniona e sempre ben coperta: aspetta il triangolo rosso per scattare. Chiudono il gruppo Fabrizio e Giovanni, dalla tardigrada ma piena andatura. In quanto a me ho il mio bel
daffare a fotografare, filmare, chattare (...si anche quello), postare, controllare l'Edge, e persino gridare "Maria" ogni bipide di sesso femminile che incontriamo a lato della strada.

Una mostra a cielo aperto
Il cuore si apre quando in località Montale Celli un cartello turistico indica la via: "Casa di Fausto Coppi" con freccia a destra. Ci siamo. La strada che sale a Castellania è la Wikipedia del Campionissimo, e sull'asfalto le scritte con tutto il suo palmares. Vincitore del Giro d'Italia 1940, 1947, 1949, 1952, 1953. Il tempo ha consumato la vernice bianca, ma si riesce a leggere ancora qualcosa. Vincitore del Tour de France 1949, 1952. Ogni venti metri una scritta. Vincitore Milano San Remo 1946, 1948, 1949. Intanto pensi alla sua storia sportiva, la fantasia del mito.
Vincitore Parigi Roubaix 1950. Ma anche alla sua storia personale, la tragedia dell'eroe. Vincitore Giro di Lombardia 1946, 1947, 1948, 1949, 1954. E quel meraviglioso soprannome, l'airone. Campionato del Mondo su Strada, Lugano 1953. La strada potrebbe continuare su su fin lassù, nelle nuvole, ma si allunga tra le case di Castellania, con i muri tappezzati di gigantografia in bianco nero di Fausto e del fratello Serse. Una mostra a cielo aperto. Pedalo finché non sbuco in un parcheggio con un paio di pullman di ciclisti giunti fin qua da latitudini lontane duecento chilometri. Ad aspettarci l'ammiraglia guidata da Vanna, l'immarcescibile Vanna.

Ovunque si respira aria di Campionissimo
Capisco che Castellania non è solo un paese dell'alessandrino, è qualcosa di più. Un luogo di culto, un'attrazione che si è costruita su una storia di un uomo non comune, che ha saputo essere figlio del proprio tempo, ma anche figura di carattere, quasi un rivoluzionario. Un racconto ancora vivo perché ha superato gli anni e le generazioni: io per esempio sono nato quattro anni dopo la sua morte, eppure sento la leggenda del Campionissmo come parte viva dei miei interessi. Ne sono stato sempre affascinato. Persino quel nome di battesimo trasuda d'amarezza per chi non ha potuto vivere la serenità che è dovuta ad ogni essere umano: un inFausto destino fu il suo.
Spingo la bici attraverso la piccola piazza del comune: più sotto prosegue il vociare dei ciclisti pellegrini, razza allegra, gioviale, individui riconoscibili per le forme non proprio da atleti, veri eroi della forchetta. Resto stupito per il luogo in cui mi trovo. Ne apprezzo la semplicità, e persino la lungimiranza dell'amministrazione che ha fatto costruire docce con libero accesso sotto il municipio, e penso che questa, nel giorno delle elezioni europee, sia una Bell'Italia. Un'Italia che mi piace.
Uscendo dalle docce scorgo ancora una volta il monumento ai fratelli Coppi, e non resisto. Torno da loro per restare lì davanti alla tomba dove riposano. Forse dovrei dire una preghiera, forse no. Resto in silenzio. Sullo sfondo le colline dove da poco hanno tagliato il grano. Il vento si porta via un pensiero. Qui finisce il mio pellegrinaggio.

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