Alta visibilità in bici: anche l'occhio vuole la sua parte

La visibilità quando pedaliamo non dipende solo dalle diverse condizioni di luce ma anche dalla differenti capacità di percepirla o di intercettarla. L’occhio umano, poi, è più sensibile ai colori giallo-verde

Lo schema del funzionamento del prisma attraversato dalla luce ci indica qual è la composizione della luce: la luce bianca è costituita dalla somma di tutti i colori visibili, mentre il colore nero è da considerarsi come assenza di colore.

I gatti hanno sette vite ma anche gli occhi che funzionano da catarifrangenti, ovvero sono costituiti da micro catadiottri che hanno la capacità di riflettere la luce esattamente nella direzione da cui questa arriva. In pratica sono dei sistemi di segnalazione naturali. La tecnologia della riflessione nasce proprio dallo studio di questa peculiarità delll’animale più casalingo che esista. Curiosamente i catarifrangenti furono inventati da Percy Shaw, nel 1934, che si salvò da un incidente stradale notturno per un gatto seduto vicino ad un bordo stradale. Purtroppo l’occhio umano non può vantare le stesse prestazioni, anzi è un organo che non solo invecchia, perdendo di efficacia, ma che funziona più o meno bene relativamente alle condizioni in cui si trova. A seconda della posizione degli occhi, nostri e di chi ci sta attorno, il concetto di visibilità cambia radicalmente: è difficile distinguere una sagoma non solo di notte ma anche in molte altre condizioni: all’alba o al tramonto, quando il sole è basso sull’orizzonte o, semplicemente, quando la posizione degli occhi di chi ci deve vedere è differente dalla nostra. L’essere seduti in sella ad una bici offre un punto di vista privilegiato trovandosi per esempio all’altezza dei sedili di alcune auto di grandi dimensioni, come i famigerati SUV, più in basso, però, rispetto alla seduta di un camion che pone l’occhio di chi guida più lontano dal suolo stradale. Purtroppo l’innata abitudine dei ciclisti a “guardarsi le spalle” costituisce un limite (più psicologico che altro): “se io vedo, anche gli altri mi vedono”. La verità è che gran parte dei i fattori che rendono sicura la circolazione dei veicoli sono quasi tutti soggettivi o di difficile misurazione: dal livello di attenzione del conducente, alla prontezza di riflessi, all’agilità dei veicoli, per cui davvero non si può mai essere sicuri della capacità percettiva di chi condivide con noi la strada. Comunque vale sempre il suggerimento di farsi notare: un ciclista colorato senz’altro sarà in grado di catturare meglio l’attenzione di uno che si mimetizza con l’orizzonte. I colori grigi o scuri (blu, nero) sono facilmente confondibili con il colore di ciò che circonda il ciclista, specie in condizioni di difficile luminosità (leggi l'articolo su questo tema). Dati alla mano le automobili meno soggette ad incidenti sono quelle in colorazioni brillanti su varianti del rosso (pastello, carminio, vermiglio, fuoco: i colori del rosso al centro della sua gamma cromatica, non in discesa verso i bordeaux - viola nè in discesa verso gli arancioni o i gialli). Dal punto di vista statistico, comunque, la notte rimane la condizione più “difficile” sotto il profilo della visibilità quindi va da se che qualunque colore chiaro o brillante diventi un sistema di segnalazione individuale anche nei confronti degli utenti stradali distratti.

Cosa vede l'occhio

Delle radiazioni emesse dal sole, l’occhio vede e distingue solo una parte, che è chiamata campo delle radiazioni visibili. Il limite inferiore è costituito dai rossi e dai viola, il limite superiore dai colori azzurri e blu (al di sotto ci sono gli infrarossi, al di sopra gli ultravioletti). Il massimo della percezione si ha nel campo che va dai gialli ai verdi, ecco perché, i gilet di sicurezza o le divise dei vari operatori della strada hanno colori o inserti sempre rientranti in questa gamma. L’occhio, però, non è sensibile solo alla gamma dei colori ma anche ad altri aspetti, quali i contrasti o le sfumature: molti anni fa erano diffuse per l’illuminazione stradale e delle gallerie le lampade a vapori di sodio a bassa pressione. La particolare radiazione luminosa che emettevano queste lampade permetteva di aumentare moltissimo la percezione del contrasto e degli oggetti, quindi la visibilità notturna, anche se peggiorava la percezione dei colori, spalmando tutto ciò che era illuminato in un mix di grigi – gialli – verdi.

Le radiazioni visibili sono solo una piccola fetta delle radiazioni normalmente presenti sulla Terra. L’occhio umano è in grado di vedere le radiazioni di lunghezza d’onda superiore ai 400 nanometri einferiore ai 700. Da sinistra, le onde più corte sono le radiazioni nucleari, poi i raggi x, l’ultravioletto, la fascia del visibile, l’infrarosso, le onde radio.

I segreti del colore

In assenza di luce non esiste il colore: tecnicamente non esiste il giallo, il rosso, il verde e simili: i pigmenti presenti nei materiali che noi identifichiamo come colorati assorbono la radiazione luminosa che li impatta riflettendone solo la parte che li interessa, appunto il colore che noi identifichiamo. Qualunque materiale, tessuto, vernice o plastica che sia ci restituisce le informazioni sulla sua natura riflettendo la luce: se riflette tutta la luce ci apparirà bianco, se la assorbe completamente ci apparirà come nero. La riflessione, però, non implica necessariamente che la luce ritorni alla fonte nella stessa direzione da cui è arrivata. I catarifrangenti sono dei dispositivi costituiti da superfici riflettenti opportunamente sagomate, ciascuna delle quali è detta catadiottro: queste superfici sono in grado di riflettere la luce non in maniera indistinta ma esattamente nella stessa direzione da cui arriva la luce che le colpisce, aumentando quindi moltissimo le percezioni sulla presenza o meno di superfici illuminate.

Le tecnologie della visibilità

Gli inserti o i trattamenti più tipici applicati all’abbigliamento ciclistico si basano su materiali riflettenti meno su quelli fluorescenti, principalmente per motivazioni estetiche e, ancora meno, su quelli catarifrangenti, per via del loro spessore superiore. Le pellicole o i materiali catarifrangenti prevedono, infatti, nella parte inferiore la pellicola propriamente adesiva sopra alla quale è posata la materia plastica vera e propria che integra i micro catadiottri, ricoperti in maniera differente da una ulteriore resina plastica che conferisce alla superficie un aspetto liscio e compatto, oltre che a proteggere e mantenere sempre pulite le superfici riflettenti interne. I materiali riflettenti ad alte prestazioni hanno una struttura simile ma al posto dei piccoli catadiottri hanno delle micro sfere di vetro: questa costruzione rende i filati o le bande adesive più sottili e flessibili, con l’effetto che la luce che impatta le sfere non viene riflessa necessariamente nella direzione da cui proviene ma comunque aumenta moltissimo la visibilità di quell’elemento rispetto all’ambiente esterno che è sottoposto alla stessa sorgente di illuminazione.

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Un prodotto reflex realizzato da 3M: il filo, che può essere miscelato al tessuto normale.

Come si mantengono i materiali reflex

Una superficie riflettente tanto quanto un retrovisore o un trasparente di un faro se sporchi avranno delle performance inferiori, pertanto è bene seguire alcuni consigli per allungarne l’efficacia e quindi anche la vita. Plastiche, metalli vernici e tessuti non gradiscono trattamenti intensivi, come alta pressione, alta temperatura di lavaggio o detersivi aggressivi, sia di tipo basico (i normali detergenti), sia con componente acida (alcuni sbiancanti, candeggina). Qualunque normale prodotto per la pulizia delle superfici verniciate o detersivo per capi sportivi o il classico sapone di Marsiglia, può essere impiegato per la pulizia. Il lavaggio può avvenire sia a secco sia in lavatrice, ma in questo secondo caso è importante che il cesto sia pieno. Mediamente il materiale riflettente può durare dai 10 ai 40 cicli di lavaggio. Per essere sicuri di non sbagliare aiutatevi leggendo le etichette. Si deve sapere, comunque, che gli inserti riflettenti di alta qualità utilizzati indistintamente nell’abbigliamento ciclistico o nelle divise delle forze dell’ordine per ottenere le necessarie omologazioni devono superare molti test, tra cui quelli di resistenza all’abrasione, ai lavaggi, all’invecchiamento e di mantenimento di prestazioni minime anche se sporchi.

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