"Basta morti in strada", un corteo di ciclisti si è stretto in un abbraccio a Francesca

Ieri pomeriggio i ciclisti milanesi sono arrivati silenziosamente, da soli o a piccoli gruppi, e hanno riempito il marciapiede di via Caldara, a pochi metri da Porta Romana a Milano. Proprio qui, in mattinata, una donna di 28 anni, Francesca Quaglia, è morta travolta da un camion. Si tratta dell’ennesima vittima in bici sulle strade meneghine

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Il corteo spontaneo di ciclisti si è raccolto sul marciapiede di via Caldara, a pochi metri da Porta Romana, a Milano, in ricordo di Francesca, la quinta vittima nel capoluogo meneghino dall'inizio dell'anno (foto di Nicola Marfisi).

Per la precisione, è la quinta vittima dall’inizio dell’anno. Come succede sempre, anche questa volta e in modo spontaneo la comunità ciclistica si è stretta nel cordoglio, ma anche nella rabbia, dandosi appuntamento per far sentire la sua voce. Su una cancellata, proprio di fronte al punto dell’impatto tra la ciclista e il mezzo pesante, è stata appesa la scritta a lettere cubitali: “Quante morti ancora??”.

A un certo punto i manifestanti prendono le loro bici e scendono dal marciapiede, bloccano la via; poi si allargano a tutto l’incrocio di piazza Medaglie d’oro, vietando il passaggio nell’ora del rientro dal lavoro. I clacson iniziano a suonare, impazienti, qualcuno si lancia in frenetiche manovre dietro front, ma nessun automobilista osa protestare. Troppo il dolore e l’amarezza di questo esercito in bicicletta, per non provare a comprenderle almeno per qualche minuto.

Per la quinta volta quest’anno una persona è stata travolta da un mezzo pesante in questa città. - dice affranto Elia - Siamo molto stanchi, siamo molto arrabbiati e demoralizzati nel vedere che non ci sono alternative al cadere in questa città se vai in bicicletta. Le regole che sono state imposte dal comune - continua - hanno delle tempistiche molto lasse, non soddisfano nessuno, nel frattempo la gente continua a morire”.

I messaggi di rabbia dei ciclisti milanesi (foto di Nicola Marfisi).

Non è una questione che riguarda solo i ciclisti - aggiunge Alberto - ma tutti gli utenti deboli e non solo: è un problema di strade non sicure ed è un problema che va risolto e in fretta. Quello che è successo è la fotocopia di quello che è accaduto già tre o quattro volte, cioè l’angolo cieco di mezzi pesanti che circolano senza essere in grado di vedere cosa sta succedendo ai loro fianchi, solo che la strada non è loro, per quanto debbano lavorare. Il provvedimento presentato dalla giunta comunale non è abbastanza e non è abbastanza tempestivo, ci vuole più urgenza”, conclude.

Intanto qualcuno lancia la proposta di andare verso il palazzo comunale. Così il grande gruppo di manifestanti sale sulle bici e parte verso il centro città. Il corteo invade le strade in un serpentone mesto e deciso. Corso di Porta Romana, Missori, poi l’ingresso in piazza Duomo. Il gruppo procede sicuro, ma nei giorni normali ognuno è solo con la propria bicicletta e la propria meta.

Il lungo corteo a pedali arriva infine in piazza della Scala, si schiera compatto di fronte a Palazzo Marino. C’è chi inizia a urlare “Basta, basta, basta ciclisti morti”, gli fanno eco tutti gli altri. Qualcuno suona il campanello. Altri iniziano a battere le catene sulle transenne che bloccano l’ingresso al municipio, i lucchetti picchiano sempre più forte contro il metallo. È un frastuono che mette i brividi. “Basta, basta!”, urlano ancora. Poi tutti si fermano per un minuto di silenzio in ricordo di Francesca, questo il nome dell’ultima giovane morta in bici. Le teste basse, la desolazione di chi crede in un mondo più a misura d’uomo e di ruote. E invece troppo spesso riceve la notizia che non vorrebbe mai sentire.

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