Giovanni Magazzù: le acrobazie di un aspirante pro - Episodio 1

Ѐ più difficile vincere una volata o studiare e fare i compiti stando in piedi in metropolitana? Abbiamo seguito un giorno della vita di un diciottenne di Milano che, fin da piccolo, sogna di partecipare al Giro d'Italia, ma vuole arrivarci senza abbandonare la scuola

Ai massimi livelli del ciclismo ci si allena tutti i giorni, con qualsiasi tempo meteorologico.

Durante l’inverno 2023 stavo facendo un viaggetto di tre giorni in bici, in Valle Spluga (SO), con un piccolo gruppo tra cui si trovava anche il mio figlio primogenito, Filippo, detto Pupu’z. A un certo punto, il nostro vagabondare ci ha portato all’Alpe Motta di Madesimo (1.727 m), sede dell’arrivo della ventesima tappa del Giro d’Italia 2021.

Quella tappa è stata vinta da Damiano Caruso, che s’è piazzato secondo nell’assoluta, alle spalle di Egan Bernal.

Tra i vari cognomi riportati dai tifosi sull’asfalto, mio figlio ha chiesto di fargli una foto accanto alla scritta “Ganna”.

“Come mai proprio lui?”. “Voglio mandare questa foto a un mio compagno di scuola, che è un ammiratore di Pippo Ganna”.

Ero stupito. Non ha mai avuto coetanei appassionati di ciclismo. Erano pochi mesi che il Pupu’z aveva cambiato scuola, passando da un liceo scientifico di Abbiategrasso a uno di Milano, il Cardano.

Il Cardano si trova nel quartiere Gallaratese. Visto con Google Earth, spicca per le sue quattro torri cilindriche. Il parco verde che si vede in foto, in alto a sinistra, è il Monte Stella, quello realizzato con le macerie delle case distrutte dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Tra i nuovi compagni, tutti da scoprire, Filippo è rimasto colpito da Giovanni Magazzù, per la sua vocazione: diventare un professionista del pedale. Ha appena compiuto 18 anni, corre nelle categorie giovanili ed ha già avuto l’onore di allenarsi insieme a Remco Evenepoel. Mio figlio ha parlato di una vita tosta, organizzata a puntino. Giovanni vive a Segrate, che si trova dall’altra parte di Milano rispetto al Cardano e comporta un doppio viaggio quotidiano con autobus e 32 fermate complessive della metropolitana. Durante quel viaggio, sia andata sia ritorno, mattina e pomeriggio, Giovanni studia. Ha trovato un sistema che gli permette di leggere e scrivere, anche stando in piedi. A scuola ci va volentieri, studia per bene, non è di quelli che è talmente preso dallo sport dal perdere la bussola e abbandonare certi obiettivi. Ma poi, una volta tornato a casa, tutti i pomeriggi, estate e inverno, canicola o pioggia, lui prende e pedala con la bici da strada fino a Colle Brianza, o Montevecchia, percorrendo un’ottantina di km. Caspita, ho detto a Filippo, dobbiamo intervistarlo!

OCCHIO AL PREGIUDIZIO!

Come dicevo, è una vita tosta, che lascia poco spazio allo svacco, alle uscite con gli amici, alle pizzerie, ai cinema, alle gite. Una vita così la fai se ci credi, se sei motivato, se ottieni certi risultati. E se andare in bicicletta ti diverte. Confesso di avere un pregiudizio: ho pensato che se un adolescente di oggi, degli anni Duemilaventi, dove siamo tutti viziati con un sacco di comodità, fa questa vita dietro ci doveva essere, per forza, un padre autoritario, a sua volta ex ciclista di alto livello, che ha imposto al figlio il suo stile di vita. Non mi sembra possibile che un giovanissimo possa decidere in autonomia di affrontare una vita così dura.

Qualcuno di voi si ricorda di un certo Adrie Van der Poel? Era un olandese piuttosto eclettico, che in carriera riusciva a vincere classiche del Nord Europa così come le tappe del Tour de France, ma anche il Mondiale di ciclocross del 1996.

Ecco, lui ha riversato tutta la passione sul figlio Mathieu, imponendogli fin da piccolo, volente o nolente, gli allenamenti e i sacrifici per diventare un campione. 

Pare che stia ottenendo i suoi frutti, perché dicono che Mathieu stia venendo su abbastanza bravino.

In questi casi ci si domanda sempre quanto sia giusto insistere con un figlio, fin da quando è bambino, per fargli fare certe cose. Io odiavo la mamma, perché mi faceva leggere i romanzi fin da quando avevo sei anni. Gli amici mi invitavano a fare i giri in bici e io rispondevo “Non posso”, perché dovevo leggere Zanna Bianca, i Ragazzi della via Pal, Robinson Crusoe. Però a un certo punto leggere m’è piaciuto, mi sono appassionato e scrivere è diventato il mio lavoro. Devo essere grato alla mamma, dunque. O forse no: se fossi diventato un broker, adesso sarei ricco.

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Scherzi a parte, i figli sono so' piezz'e core, come diceva Eduardo de Filippo ma, quando li porti a fare le gite in bicicletta, non capisci mai quanto ne abbiano voglia, quanto si sentano in obbligo, quanto ci vengano per farti un piacere.

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Nel 2011 il grandissimo tennista André Agassi ha pubblicato il famoso libro Open, che ha fatto scalpore perché racconta di come suo padre lo schiavizzasse, fin dall’età di quattro anni. Lo faceva allenare dalla mattina alla sera, a livelli da lager. André non ha avuto una vita e per anni ha odiato il tennis e suo padre, finché non s’è reso conto che aveva raggiunto un livello di bravura eccezionale, che gli avrebbe permesso una vita di SFS: Successo, Fama, Soldi. A quel punto è stato contento di avere avuto un padre così. Ma io sono perplesso comunque.

Ma tutto questo, con Giovanni Magazzù, non ha senso. Perché la prima cosa che è saltata fuori, quando è iniziata l’intervista, è che lui non ha un padre autoritario. Suo papà non è mai stato un ciclista, non ha mai fatto sport agonistico, questa passione è tutta farina del suo sacco. In pratica, il nostro incontro è iniziato più o meno con un "Ma tu fai queste cose perché te le ha imposte tuo padre, vero?" e lui mi ha stroncato con un "Mio padre non c'entra nulla, sono io che mi sono appassionato al ciclismo guardando il Giro d'Italia". Ecco, così imparo ad avere pregiudizi. In realtà da piccolo gli piaceva anche il football, così ha deciso che sarebbe diventato un calciatore, tanto che nei primi anni della sua carriera agonistica era concentrato più sulla palla che sulle ruote a raggi. Ma l’ambiente del calcio non gli piaceva: "Insulti ad arbitri e avversari - racconta - risse, ogni genitore pensava di avere il nuovo Messi, si litigava perché qualcuno giocava 5 minuti più di un altro, ecc.". Quindi è passato al ciclismo, ma non era facile farlo agonisticamente come giocare a calcio: "Io volevo correre in bici, però non sapevo come e dove iniziare. Avevo una bici di Spider Man ed una presa con i punti dell'Esselunga. Ho però scoperto che un mio compagno di calcio aveva il cugino che correva in bici alla Cernuschese Tino Gadda, per cui ho chiesto a questa società di poter correre e da lì ho iniziato, con Andrea Colombo come direttore sportivo". In seguito ha scoperto che in questa società aveva corso Mario Scirea, Campione del Mondo dilettanti a squadre nel 1987 e "tiratore di volate" di Mario Cipollini.

Il debutto, a 8 anni.

La bici era una Vicini monocorona con cerchi da 24" e pedali ad aggancio automatico. "Ѐ stato il primo giorno in cui ho preso in mano una bici da corsa. Peso: varie tonnellate. Profilo ruote: il pattino del freno. Cambio: lo stesso che usava il presidente quando correva (ora ha 80 anni). Alla Cernuschese Tino Gadda ancora la stanno usando e riusando con i bambini che corrono lì adesso".

In realtà non ha mollato il calcio o, almeno, non subito. "Ho fatto un anno in cui facevo sia calcio sia ciclismo, ma i miei genitori mi hanno chiesto pietà perché impazzivano ogni giorno per accompagnarmi ovunque. Mia mamma preferiva il calcio perché è meno pericoloso (ha paura soprattutto quando mi alleno in strada) però sia lei sia mio padre hanno sempre accettato le mie scelte, in qualunque ambito".

All'età di dieci anni gli hanno fatto fare tante discese tecniche con birilli e sbarre, per acquisire dimestichezza con la velocità. Con la Cernuschese ha corso per ben sei anni.

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Ha iniziato quindi tra gli allievi, partecipando alle gare nell'hinterland milanese e ottenendo le prime vittorie.

In seguito, Giovanni è passato all'Unione Sportiva Biassono, con la quale ha vinto il titolo di Campione Provinciale Brianteo tra gli allievi, nel 2022, a 16 anni.

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E con questa maglia addosso, da campione brianteo, ha fatto la sua prima top ten al Campionato Lombardo, corso dentro l'autodromo di Monza.

Il 2022 è stata la sua migliore stagione, con tanti piazzamenti, due podi e una vittoria dopo una fuga di 70 km.

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Ѐ successo al III Trofeo Mauri, a Mariano Comense. Sembra che abbia una certa inclinazione per le fughe.

Ma tra gli juniores è dura

"Nel 2023 sono passato juniores e ho sofferto tanto i cambiamenti, a iniziare dai rapporti liberi: si possono tranquillamente mettere quelli dei professionisti... se si riesce a spingerli". Gli allievi in effetti non possono mettere rapporti più lunghi del 50x14.

"Tra gli juniores ho trovato nuove dinamiche di gruppo, che vanno imparate e il livello è molto alto: ci sono tanti fenomeni, gente che aveva già vinto gare importanti come Andrea Donati, Campione Lombardo 2023, o David Sierra, l'anno scorso quarto al Mondiale su strada e Campione del Mondo su pista. Alcuni vantano già ottimi piazzamenti tra i professionisti e hanno un contratto con squadre di sviluppo dei pro (i cosiddetti "development team", o "devo": formazioni di dilettanti che corrono nella sezione giovanile delle World Tour, ndr) come Simone Gualdi (Intermarché), l'anno scorso campione italiano, Mattia Negrente (Astana) che ha già vinto negli under 23 e l'anno scorso aveva vinto una gara all'estero con la nazionale, Luca Giaimi (UAE) che è stato Campione del Mondo in pista così come Matteo Fiorin (Colpack), che ha già esordito con la nazionale al Campionato Europeo su pista con i professionisti ed ha la sorella Sara che corre nel Devo Team UAE". Questi sono tutti nomi che ci piacerebbe trovare in futuro, tra gli elite, nelle parti alte delle classifiche, magari nelle grandi corse a tappe.

Correre tra gli juniores comporta anche andare ad allenarsi a Livigno, la mecca della bicicletta ed avere a che fare con assi del calibro di Remco Evenepoel. 

Lo scorso gennaio è approdato all'Energy Team di Capriano (CO) dove ha ritrovato, come direttore sportivo, Andrea Colombo. "Quest'anno - racconta - faccio un calendario con gare più importanti, diverse delle quali internazionali, che servono soprattutto per migliorare e fare esperienza piuttosto che a fare risultati. Quindi ancora non ho fatto granché a livello personale, perché ho lavorato spesso per la squadra, soprattutto a causa di una caduta che mi ha rovinato la schiena". A questo proposito, fa una dichiarazione sorprendente: "Forse mi diverto pure di più, rispetto a quando devo correre per me stesso. Come squadra abbiamo fatto tanti piazzamenti, qualche classifica parziale, abbiamo vinto due gare di cui una adesso, al Giro del Friuli, una delle gare più importanti tra gli juniores che è stata vinta da tanti che ora sono professionisti: stiamo indossando tre maglie e una di queste (la maglia rossa della classifica a punti) ce la giocheremo fino all'ultima tappa".

31 maggio 2024, Giovanni tenta la fuga durante la seconda tappa del Giro del Friuli: "Ma poi ho rotto un raggio, ho dovuto cambiare bicicletta, ho recuperato e poi ho rotto i cambi per proteggere la fuga del mio compagno Federico Brafa, che poi ha vinto la tappa".

In gergo ciclistico, "rompere i cambi" non significa stracciare i deragliatori, ma proteggere un compagno in fuga non collaborando agli inseguimenti. Si può fare mettendosi davanti al gruppo degli inseguitori ad andatura blanda (è la maniera più bastarda di farlo), o rifiutandosi di mettersi davanti.

Andiamo a scuola

Questa era la presentazione, ma noi eravamo curiosi di vedere Giovanni a scuola e in allenamento, per cui abbiamo passato due giornate con lui, iniziando dal viaggio in metropolitana.

Effettivamente fa come dice: nello stesso momento maneggia libro, quaderno e penna, stando in piedi! Ѐ un funambolo alla Peter Sagan.

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Qua è in classe, con la professoressa di lettere, Silvia Colombati, che dobbiamo ringraziare – insieme alla preside Paola Molesini – per l’entusiasmo mostrato nei confronti di questa intervista. 

Si potrebbe pensare che, da Segrate, Giovanni sia finito al Cardano perché c’è una sezione di Liceo Scientifico Sportivo, ma non è così. Lui è nello scientifico “normale” perché, come ci spiega, "teoricamente dovrebbe permettere altri sbocchi oltre allo sport anche se, alla fine, il diploma ha lo stesso valore". Tra l’altro in classe con lui e Filippo c’è un’altra sportiva di alto livello, Giovanna Fratangelo, che gioca a pallavolo in Serie B1.

A pranzo

Altri nostri pregiudizi sono arrivati quando s'è trattato di andare a mangiare. Siamo andati alla mensa del Cardano e ci aspettavamo che lui mangiasse soltanto becchime per uccelli: del resto, è pelle ed ossa.

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Effettivamente è quello che sembra. Il Pupu'z ha ordinato pasta, carne, patate fritte. Giovanni s'è portato la schiscetta da casa, con riso bollito abbinato a qualcosa di vegetale. Ovviamente beve solo acqua.

Giovanni ha spiegato che è vero che è pelle ed ossa (e muscoli, chiaramente), ma lui, andando in bici tutti i giorni, brucia svariati milioni di calorie, per cui in realtà deve mangiare molto. E non solo becchime per uccelli in quantità industriali. "Prendi il panettone, in teoria potresti pensare che sia il Diavolo, ma è ricco di zuccheri. Se devo uscire in allenamento posso mangiarne una bella fetta, ma lo posso fare anche al ritorno, per recuperare". In generale, lui tende a mangiare le stesse cose, per due motivi: 1. è sicuro di poterle digerire senza problemi; 2. deve evitare il più possibile il "doping nascosto" o "involontario", ad esempio quando mangi carne con estrogeni senza rendertene conto.

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La colazione di un giorno di gara. Quattordici fette di pane tostato abbinato a diversi ingredienti, compresi i petti di pollo; una banana; pasta in bianco con 18 kg di formaggio grana.

Nella prossima puntata lo seguiremo nei suoi percorsi di allenamento e sarà una sorta di articolo di turismo, ma ci racconterà anche tante cose interessanti della vita del corridore.

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