Vélodyssée, la ciclabile sulla costa atlantica francese

Un viaggio in modalità bikepacking sul tratto della costa atlantica della Regione francese della Nuova Aquitania, fino a varcare di qualche chilometro il confine con la Spagna. Dalla Baia di Arcachon siamo arrivati alla città basca di Hondarriba, per poi rientrare con una vera odissea in treno. Serate in campeggio, picnic in spiaggia tra surfisti, degustazioni di ostriche e specialità basche non sono mai mancati lungo i nostri 300 km sulle nostre gravel

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Il percorso della ciclabile nella zona della duna di Pylat attraversa chilometri di foresta in fase di riconstruzione, distrutta da un grande incendio che ha colpito questa area l’estate scorsa, segnando fortemente il paesaggio. La ciclabile è stata ripristinata perfettamente e molte strutture si stanno facendo in quattro per poter accogliere di nuovo i turisti. 

Vélodyssée è traducibile dal francese come “odissea in bici”, un itinerario di 1.300 km in Francia che si sovrappone a una parte del percorso europeo Eurovelo 1, chiamato Atlantic Coast Route. Il percorso parte da Roscoff e finisce a Hendaye, correndo lungo la costa atlantica attraverso tre regioni e nove dipartimenti. Un itinerario a due sensi di marcia completamente segnalato e sicuro, collegato a 5 circuiti tra i 25 e 80 km di lunghezza, considerabili come espansioni per chi vuole approfondire l’esplorazione di alcune zone. Al 76% sviluppato su greenways o piste ciclabili, dunque separato dal traffico a motore, l’anno scorso l’itinerario ha compiuto 10 anni e oggi continua ad essere migliorato nei servizi e nella segnaletica e nella messa in sicurezza, rappresentando un ottimo esempio di ciclabilità per famiglie.

Sul sito potete trovare tutte le informazioni per organizzare il vostro viaggio, soprattutto le tracce GPS di tutti i tratti o dell’itinerario intero.

Lungo il percorso ci sono tantissimi campeggi, dove in alta stagione non è difficile trovare un posto tenda, che costa in media 35 euro (per due adulti, un neonato), spesso con un posto dove parcheggiare la bici al sicuro, degli attrezzi a disposizione per qualche riparazione, una piscina, giochi per i bambini e gli immancabili campi da bocce, qui chiamate “petanque”. Solo a Biarritz e nella zona circostante, nonostante ci siano molti camping di ogni livello, è stato molto difficile trovare posto, essendo tutti pieni e privi di una piazzola anche di fronte a una richiesta “in emergenza” di chi arriva stanco la sera e ripartirebbe presto la mattina: qui, probabilmente, è meglio prenotare con largo anticipo, oppure calcolare di allontanarsi da questa località fermandosi prima o andando avanti di qualche km, come abbiamo fatto noi dopo tre tentativi fallimentari.

Nella top ten delle cose imperdibili in un viaggio lungo la costa atlantica europea è sicuramente vedere un tramonto, in tutta la sua varietà di sfumature, finché il sole non scompare improvvisamente sull’orizzonte, come in questa foto, sulla spiaggia di Saint-GIrons, la migliore conclusione possibile della terza tappa. 

Viaggio in modalità bikepacking

La Baia di Archachon è una una marea di cose, letteralmente. Innanzitutto è il luogo delle maree, poi delle ostriche, poi dei tramonti, poi della natura, infine del divertimento. Qui sembra esserci tutto, tranne l’Oceano, che rimane un po’ più in là.

Arriviamo nel dipartimento della GIronda dall’Italia in auto e facciamo base al Camping Le Coq Hardi, dove ci concediamo un paio di giorni di ambientamento e di svago prima della partenza per la nostra odissea ciclistica.

Mettiamo le ruote sul tracciato della Vélodyssée a Lanton, appena sbucati dal camping. Qui lasciamo l’auto, carichiamo le bici con tutto il necessario per percorrere circa 300 km in modalità bikepacking, mantenendo l’autonomia per i pernottamenti in campeggio, con una tenda compatta leggera da due persone, e avendo sempre del cibo “in cambusa” per eventuali emergenze. Viaggia con noi il piccolo René di quasi due anni, che è sistemato con tutti comfort possibili in un rimorchio da bici Thule Chariot cross 1, dotato di una tasca posteriore che può contenere molte cose, aumentandone però il peso. Calcolando che a vuoto pesa 12,8 kg e che il limite massimo di carico è di 34 kg, stimiamo che nel nostro caso siamo arrivati a sfiorare i 50 kg, che se trainati in salita non sono affatto pochi. Entrambe le nostre bici sono delle gravel, entrambe dotate del perno con gancio per il il rimorchio, in modo da poterci scambiare nel trasporto del piccolo compagno di viaggio. La nostra organizzazione è piuttosto equa: due bici di peso simile, entrambe con portapacchi, borse da manubrio e da telaio, bagagli di peso simile, cui per mezza giornata ciascuno si aggiunge il rimorchio. Durante la mattina o all’ora di pranzo si fa un po’ di spesa e si fa un picnic dove si trova un po’ d’ombra o in spiaggia. Ogni sera si trova un posto in un campeggio (mai prenotati), si piazza la tenda, si fa una bella doccia e si cerca di mangiare seduti a un tavolo in un ristorante per concedersi una coccola e provare qualcosa di tipico.

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Anche se siamo a soli 28 km dal confine con la Spagna, un giro sulla giostra in stile belle epoque francese non può mancare per i viaggiatori più piccoli. 

La Signora Duna di Pilat

Per diversi km si attraversa un paesaggio da fine del mondo, risultato dell’incendio del luglio 2022 che ha distrutto 14.000 ettari di foresta, oltre a diverse strutture ricettive, ristoranti e campeggi, che quest’anno sono in parte rinati grazie a importanti ricostruzioni. La foresta sta riprendendo vita, ma la cosa più sorprendente è che la ciclabile è in perfetto stato, resa fruibile subito dopo il rogo per non interrompere un servizio fondamentale per il turismo di questa regione.

Primo pernottamento dopo 45 km e 220 metri di dislivello, tutto fatto di saliscendi divertenti sulle dune di sabbia, è al Camping Pyla a La Test-de-Buch, uno dei campeggi risorti dopo l’incendio, con un’area ristoro, piscina e bagni di alto livello, dove troviamo posto proprio ai piedi della duna. Questo significa un accesso privilegiato per uscire dalla tenda in un attimo e risalire a piedi nudi su pochi metri di morbida sabbia per vedere l’oceano, le stelle di notte e all’alba al risveglio.

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La Duna di Pilat è tanto nota quanto imperdibile. L’accesso è libero, a volte c’è molta gente, i parcheggi per le bici comunque ci sono. La salita in cima è un buon allenamento cardiaco e da lì non si può che respirare l’aria dell’oceano, o tornare alla base saltando a piedi nudi nella sabbia, liberi nel vento. 

Seconda tappa, primi laghi

Ripartendo da Biscarosse continua il paesaggio che sta rinascendo pian piano dall’incendio, il verde del sottobosco non manca, ma gli alberi che svettano sono pochi coraggiosi sopravvissuti. Il resto è sabbia, su un terreno in continuo movimento di quota, con il nastro d’asfalto della ciclabile perfettamente tracciato e ben segnalato. Se qui il vostro strumento di navigazione darà qualche incongruenza è solo perché hanno dovuto cambiare di qualche metro parte del percorso, proprio per permettere l’immediato ripristino della ciclabilità in tutta sicurezza.

Quando dopo una decina di chilometri la foresta ricomincia ad essere fitta e avvolge completamente in un pattern verde la ciclabile, sembra quasi un miracolo. La seconda tappa è di 57 km e 277 metri di dislivello, fino a Biscarosse, dove vediamo per la prima volta l’Oceano, rimanendo incantati dalla forza delle onde e dallo spazio immenso della spiaggia. Da qui il percorso riprende allontanandosi dal profumo di salsedine, per ri-scavalcare le dune e arrivare a un lago che sembra un mare, azzurrissimo, come fosse un pezzo di costa sarda. L’Etag de Cazaux-Sanguinet è il primo di tanti laghi che ci sono su questa costa, sempre pieni di gente durante l’estate, con strutture turistiche, campeggi, locali e servizi pensati per chi vuole fare svariati sport acquatici diversi dal surf. Qui si può nuotare, navigare con il SUP, girare con i pedalò e giocare a racchettoni, mentre gli affacci sull’Oceano sono molto più selvaggi e soggetti a forte vento e maltempo. Proseguendo si passa ad un paesaggio diverso, la vegetazione cambia, ci si sente più lontani dal mare e si costeggiano canali e piccoli fiumi, fino ad arrivare a un altro grande lago chiamato Etag de Biscarosse et de Parentis, dove troviamo il nostro posto tenda sulla riva sud, a Gastes, al Camping Les Prés Verts, dove c’è un affaccio sulla spiaggia molto bello e una serie di ristorantini perfetti per una serata rilassata.

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L’itinerario, nonostante sia nota come ciclovia costiera, non sempre corre direttamente sul mare, anzi. I punti di affaccio diretto non sono frequenti, ma proprio per questo diventano momenti unici, in cui l’Oceano, con tutta la sua forza, diventa un momento per una pausa memorabile.

Oceano mare

Nella terza tappa di altri 57 chilometri con 262 metri di dislivello si riparte dal grande lago, si passa un altro grande specchio d’acqua dolce chiamato Lac d’Aureilhan, e si torna lungo il mare, ritrovando pian piano nella zona di Mimizan il paesaggio costiero e le salite per superare le dune all’ombra degli altissimi pini. La pausa pranzo della terza giornata è a Contis-Plage, sempre in modalità picnic, basata sull’abitudine oramai rituale di acquistare una buona baguette appena ci si imbatte in una panetteria, legarla con qualche laccio al portapacchi, arrivare alla spiaggia più vicina al percorso, togliersi le scarpe, legare bene le bici e correre in spiaggia per guardare le abitudini dei tantissimi surfisti in cerca dell’onda perfetta. A questa pratica ricorrente, nelle giornate centrali del viaggio, si è spesso aggiunta quella di stendere sulle bici la tenda fradicia, risultato di nottate di temporali che hanno messo a dura prova l’impermeabilità del nostro “tetto sulla testa” e del nostro sonno, anche se siamo sopravvissuti asciutti e salvi dalle saette. La terza giornata si conclude con un posto nel Camping Campeole, un campeggio enorme pieno di servizi di qualsiasi genere a Saint-Girons Plage, dove prima di cena, nel bel mezzo di agosto, ci troviamo tra una folla di persone di ogni genere ad assistere a un tramonto meraviglioso. Il giorno successivo il percorso di 46 chilometri lambisce di nuovo due laghi, Lac Leone e Lac Marin dove il Canale Courant du Soustons sbocca nel mare, un posto tranquillo pieno di piccole spiaggette dove fare un veloce tuffo in acqua dolce. Passato poi il canale di Hessogor, si arriva a Capbreton, una delle località più note del dipartimento delle Landes, famoso per i suoi fari e per le onde da surfista. Come nel romanzo Oceano Mare di Baricco, l’immenso volume di acqua che crea onde incredibili, sempre agitato, con un orizzonte immaginario che tocca altri continenti, in questo viaggio accomuna personaggi, sapori e abitudini molto diversi nonostante la percorrenza chilometrica non infinita. Rimane la curiosità di come sarebbe stato partire dalla Bretagna, e lasciamo a voi lettori lo spunto per estendere il tracciato all’intera costa.

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Creare itinerari ciclistici lunghi centinaia di chilometri senza renderli noiosi è una grande impresa. Uno dei punti vincenti del tratto che vi proponiamo è proprio la grande varietà del percorso tra Arcachon e confine spagnolo, sia in termini di cultura sia di cibo e paesaggi. 

Spirito basco

Tra Capbreton e Bayonne, la città più grande sul nostro itinerario, ci sono circa 30 chilometri dove non ci si affaccia mai sul mare. L’arrivo a Baiona, così chiamata in basco e occitano, è tracciato molto bene e offre un approccio perfetto al vivace centro storico. Qui inizia a sentirsi aria di spirito basco, si leggono scritte non francesi ovunque, l’architettura cambia improvvisamente diventando più iberica. Se avete tempo visitate almeno la bellissima cattedrale gotica e prendete da mangiare qualcosa di tipico ai banchi del mercato coperto. Dopo pochi chilometri di pedalata tranquilla, si arriva nell’ombelico del turismo glamour della costa francese: Biarritz. Una cittadina che sa di ricchezza, stile e bella vita, ma con un traffico e una quantità di gente esagerati, che rendono difficile l’attraversamento. Il modo migliore per godersi questo tratto di costa sono i promontori posti un poco più a nord o un poco più a sud, sulle alte scogliere coperte di vegetazione, dove troverete anche alcuni punti panoramici con piattaforme dove salire per ammirare la costa.

A Biarritz inizia anche l’unica ricerca non andata a buon fine per un pernottamento: i campeggi sono tantissimi, ma tutti pieni, nessun angolo per una tenda, tant’è che non si riesce nemmeno ad accedere alla reception. Incontriamo altri cicloturisti con lo stesso problema, che si dirigono come noi verso sud. Proseguiamo speranzosi, conquistando un posto a caro prezzo (50 € la tenda in un camping piuttosto spartano) qualche chilometro dopo, a Bidart.

È molto curioso come alcuni blog e commenti alla ciclabile Vélodyssée consiglino di concludere il percorso a Biarritz, spiegando che la parte successiva non è ben segnalata e non vale la pena di essere percorsa. La nostra curiosità di affacciarsi sulla Spagna era dal principio molto forte e, visto il meteo e la vicinanza al confine, non abbiamo resistito, fortunatamente! Il tratto da Bidart a Hendaye e, soprattutto, il passaggio nel paesino basco di Saint-Jean-de-Luz è forse il più sorprendente, perfettamente tracciato, con un cambio di paesaggio notevole su altopiani coperti da prati, tantissimo verde, viste a perdita d’occhio sulla costa di scogliere e i primi Pirenei davanti a sé. Anche Hendaye è un bel posto, con una spiaggia immensa dove salutare nei migliore dei modi l’Oceano.

Eccoci sulla “bidegorria”

Il passaggio del confine nazionale tra Francia e Spagna è uno dei momenti più emozionanti dell’itinerario, soprattutto per chi percorre la Vélodyssée dal suo vero inizio, da Roscoff, con oltre 1.000 km nelle gambe. Non esiste una vera frontiera, nemmeno un cartello di benvenuto, né una bandiera che sventola. Solo un ponte chiuso da reti per motivi ignoti, che costringe ad allungare il proprio percorso raggiungendo un ponte molto trafficato, dove la segnaletica stradale cambia, e sono indicate le città spagnole. La ciclabile, che in basco si chiama “bidegorria”, qui diventa meno segnata, ma la si ritrova quasi subito. La differenza tra i due Paesi si nota, ma si nota anche lo spirito basco, che rimane la comune dominante della lingua tradizionale locale, della cucina e della cultura. Il nostro programma iniziale, viaggiando con un bimbo di quasi due anni in modalità bikepacking, quindi con tenda e bagagli di un certo ingombro e peso, era di arrivare proprio qui, all’affaccio sulla Spagna, a Irun, per poi riprendere il treno e tornare al principio, dove abbiamo lasciato giorni fa la macchina, sulla baia di Arcachon. Non esiste un collegamento ferroviario diretto lungo la ciclovia tra i due paesi, bisogna necessariamente cambiare a Hendaye, ultima città francese, dove la ferrovia nazionale finisce, ed esiste una stazione separata per i treni che si dirigono in Spagna. Dunque, fin dai primi progetti di viaggio, Hendaye sarebbe stata la stazione di ritorno, dove prendere il treno in direzione Bordeaux, verificato online più volte per avere la conferma assoluta della possibilità di caricarci le bici non smontate. Un programma facilissimo sulla carta, più complicato nella realtà.

Treno + bici? Non sempre un successo

Ebbene, l’avventura di salire sul treno di rientro al punto di partenza del viaggio (con le nostre bici, il carrello del bambino e i bagagli) è durata tre giorni, invece di 30 minuti. Solo dopo tre tentativi siamo riusciti in questa missione, che ad un certo punto sembrava impossibile. Il primo treno è stato cancellato, il secondo è stato rimandato di ore in continuazione, fino a essere cancellato anch'esso, il terzo era in ritardo e saturo di bici ma, alla fine, è partito e noi ci siamo conquistati con non poco sforzo un posto a bordo. Sicuramente è stata più una sfortuna di una concomitanza di disguidi tecnici e interruzioni sulla linea ferroviaria, non prevedibili, ma risolvibili solo con lunghissime attese, ri-prenotazioni e cambi di programma. Il bello del bikepacking è proprio questo: avere tutto per ogni occasione, sia per trovare un posto per la tenda per una notte in più, sia per mangiare qualcosa prima di capire cosa fare. Noi abbiamo sfruttato l’occasione per allungare il percorso e spingerci in Spagna, trovando un bel campeggio a Hondarriba.

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Prima di arrivare a Saint-Jean-de-Luz, non si può non salire sulla promontorio roccioso di Sainte Barbe, uno dei posti più panoramici, ma anche luogo di culto, piazzaforte, meta di pellegrinaggio dei marinai e sede di un faro del XIX secolo, ancora oggi in funzione.

Niente treno? Andiamo in Spagna!

Se non fosse stato cancellato il treno non avremmo mai raggiunto Hondarriba, piccola cittadina spagnola con un centro storico molto bello, a pochi chilometri dal confine di Irun. Qui ci ha accolti con calore e senza fare storie il Camping Jaizkibel, perfetto per andare a piedi in centro e visitare le viuzze arroccate sulla fortificazione, passeggiare lungo il porto, guardare da un altro punto di vista la terra francese e passare una ultima serata mangiando tapas tra un locale e l’altro della via più movimentata San Pedro Kalea. Il giorno dopo sapevamo essere la nostra nuova occasione di rientro, ma da buoni viaggiatori abbiamo optato per un modo alternativo per rientrare verso la stazione di Hendaye: non pedalando di nuovo intorno al porto-canale Bidasoa per superare il ponte che permette di attraversare il confine, ma prendendo il traghetto che dal centro di Hondarriba arriva diretto nella marina di Hendaye, con un biglietto di due euro, offrendo la possibilità di caricare le bici gratuitamente in alcuni orari, dove la barca utilizzata è più ampia. All’imbarco esiste anche un segnale della ciclovia, che quindi riconosce in modo ufficiale questo metodo di trasbordo per chi percorre la Vélodyssée. Il morale della favola, o meglio di questa odissea breve, ma intensa, è che un viaggio-avventura in bici è possibile anche dove tutto sembra fin troppo semplice sulla carta, che ogni difficoltà può diventare un pretesto per ampliare le proprie vedute e che gli imprevisti ci sono sempre, piccoli e grandi ma, come probabilmente penserebbe Omero, vanno affrontate con coraggio e inventiva, come avrebbe fatto un Ulisse cicloviaggiatore.

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Hendaye è anche l’ultima stazione comoda per poi tornare verso Bordeaux, o in ogni caso per rientrare a nord trasportando le bici su un mezzo pubblico. Noi per comodità abbiamo scelto di prendere il treno la mattina, dalla stazione minore vicino al camping, ma il treno non è mai passato a causa di una interruzione sulla linea, quindi abbiamo cambiato piani, guadagnando un giorno-bonus di avventure. 

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