La cucina tipica di questa zona di confine non può che essere frutto della commistione tra le tradizioni piemontesi, in particolare delle valli di montagna, e francesi occitane. Un mix di isolamento e autoproduzione da una parte e contaminazioni continue dall’altra. Anche se nel tempo le tradizioni cambiano, non stupitevi se in qualche ristorante nel menù trovate il merluzzo, un prodotto che arrivava a dorso di mulo da Nizza e la cui lavorazione era un tempo diffusa in questa valle grazie a “lä fabriccä dlä marlücchä” (un breve e curioso documentario dell’Istituto Luce racconta proprio “la vendemmia dei merluzzi” negli anni ‘50 a Chiomonte). Se gli stoccafissi sono meno presenti ora, le patate continuano ad essere tra gli ingredienti protagonisti della cucina valsusina. Tra i primi tipici troviamo le Calhettes, gnocchi di patate il cui impasto è fatto con ortica, cipolla e farina di segale. Ci sono poi zuppe e minestre, fatte di fagioli, orzo e funghi oppure rese speciali dalle castagne. I rinomati marroni della Val di Susa, infatti, venivano coltivati già in epoca romana. Per quanto riguarda i secondi, la carne è regina: dal bollito al capocollo, dal pollo ripieno di verdure al prosciutto cotto al fieno. Ma anche alle verdure, almeno nella cucina contadina, è riservato ampio spazio, come per la torta di San Pietro, fatta con patate fave e castagne, o per la Pilot, composta di frittelle di patate grattugiate da accompagnare con speck o lardo. Molto presente anche il fritto misto di verdure pastellate e semolino dolce. L’elenco degli insaccati e dei formaggi tipici è molto vasto. Tra tutti bisogna ricordare il salame Mica, che invece di essere insaccato nel costoso budello e poi legato, viene pressato a mano in stampi e poi ricoperto di farina di segale e pepe; o il salame cotto Supremo di montagna, la cui preparazione prevede la cottura in acqua. Altri formaggi tipici sono le tome, i tomini e le ricotte, da mangiare anche come spuntino accompagnandole con composte e miele locale (qui molto rinomato in diverse varietà), o anche cotti sulla piastra. Il Murianengo è un formaggio vaccino erborinato di pasta burrosa con muffe nobili, prodotto sull’altopiano del Moncenisio e commercializzato in Francia con il nome di Bleu du Mont-Cenis. Il Brus è un derivato del latte simile a un formaggio cremoso e dal gusto forte, che una volta veniva prodotto dalla fermentazione di croste o pezzi di altri formaggi nel distillato delle vinacce. Il cevrin invece è un formaggio di vacca e capra preparato sugli alpeggi del Parco naturale Orsiera Rocciavrè. Fra i dolci, ci sono le paste di meliga e i canestrelli, che esistono bianchi e neri e nelle varianti di Vaie e di San Giorio. Altri dolci famosi sono la focaccia dolce di Susa, di cui si ha una ricetta manoscritta risalente al 1870; il Pan della Marchesa, una morbida torta con nocciole e mandorle, rum e gocce di cioccolato; le Lose Golose, biscotti alla pesca e amaretto che ricordano nella forma, appunto, le lastre di pietra usate come tegole sui tetti di montagna.
Tra i vini, quello più sorprendente è sicuramente il vino del ghiaccio, introdotto nei comuni di Chiomonte e Meana, dove i grappoli vengono lasciati sui tralci fino all’inverno e la vendemmia avviene di notte di prima mattina, rigorosamente a mano, a temperature di molti gradi sotto zero. Gli acini vengono pigiati ancora ghiacciati, ottenendo un mosto particolarissimo, di colore rosato e molto zuccherino. Il vino del ghiaccio è fatto con uve di Avanà, il vitigno più rappresentativo della Val di Susa, citato già in un trattato del 1606. Un altro vitigno autoctono, ma più recente, è il Becuèt, uscito anch’esso dalla nicchia dei vitigni delle montagne della vecchia Savoia. Negli anni sono stati riscoperti altri vini autoctoni, come il Carcherjro, da cui si ottiene un vino particolare, con note fruttate e legnose che ha un gusto intenso e leggermente acidulo, e riporta al sapore del vino di una volta. Avvolta dal mistero, è invece l’origine del Baratuciat, a vitigno a bacca bianca presente in bassa valle almeno da fine ‘800: di color giallo paglierino brillante con riflessi verdi, lascia profumi floreali di ginestra, biancospino e sambuco, salvia, e rosmarino; in bocca è complesso, con un’acidità equilibrata, una leggera sapidità e una nota finale di mandorle. Una viticoltura ricca, nonostante le condizioni ambientali montane, che la rendono certamente eroica e preziosa.