23 April 2021

"Basta morti in strada: faremo causa allo Stato". Ciclisti professionisti schierati contro l 'assenza di sicurezza

L'Associazione dei ciclisti professionisti italiani, scende in campo nel quarto anniversario dalla morte di Michele Scarponi e nel giorno della morte della giovanissima Silvia Piccini.

"Basta morti sulle strade: faremo causa allo Stato italiano". Con una lettera, l'Associazione dei ciclisti professionisti italiani, interviene in modo pesante nel giorno del quarto anniversario della scomparsa di Michele Scarponi e nel giorno della morte della giovanissima Silvia Piccini, travolta da un'automobilista ad appena 17 anni mentre era in allenamento in provincia di Udine.

"La violenza verbale e fisica contro i soggetti più deboli, come lo sono sulla strada i ciclisti urbani e sportivi, giovani che non diventeranno mai adulti come Silvia, non può essere tollerata in una società civile, mai più - si legge -. Per questo l'Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani da tempo impegnata nella promozione della sicurezza stradale ha deciso di fare causa allo Stato Italiano per inadempienza e mancanza della tutela dei propri cittadini. "Oltre che triste oggi sono infuriato - commenta Cristian Salvato, presidente Accpi -. Ricordo le promesse delle autorità fatte sulla tomba di Scarpa, che non si sono tramutate in azioni concrete per fermare la strage quotidiana sulle strade del nostro paese. Chi ha sprecato parole per racimolare consenso senza poi muovere nemmeno un dito per cambiare questo inaccettabile status quo è un delinquente. I politici che continuano a ignorare i nostri appelli sono complici delle morti che ogni giorno si verificano in strada. A chi toccherà domani?".

Giuseppe Saronni ha indicato come la causa principale dell'assenza di giovani talenti nel ciclismo italiano, proprio la carenza di sicurezza in strada.

"Chiediamo ''un metro e mezzo di vita'' non la luna - prosegue Salvato -. Chiediamo rispetto per la vita umana. Chiediamo che una studentessa possa andare a scuola o praticare il suo sport senza finire sotto le ruote di un'auto, che in un attimo infrange i suoi sogni e costringe a un dolore infinito i suoi genitori e chiunque la conoscesse". Visto che in Italia nulla cambia, Accpi ha deciso di appellarsi alla Corte Europea. "Ci siamo rivolti alle massime autorità del nostro Paese, abbiamo svolto a nostre spese campagne informative, promosso iniziative per favorire l'educazione stradale ma a quanto pare non basta. L'ennesima tragedia ci spinge a non demordere e a perseguire il nostro obiettivo, ad ogni costo. Noi le promesse le manteniamo - assicura Salvato. - Vogliamo infrangere il muro di accettazione, di abitudini, di omertà e di silenzi colpevoli. Continueremo a combattere la violenza con la forza del diritto e della legge contro chi odia e disprezza la vita altrui anche solo per ignoranza. Per Tommaso, Nicola, Thomas, Michele, Lorenzo, Simone, Andrea, Giovanni, Edoardo, Niccolò, Rosario, Luca, Sara, Elisa, Silvia...".

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